Il Pci non conobbe la parola “accoglienza”. Per gli italiani di Pola e Fiume solo odio. L’Unità scriveva: “Non meritano la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci il pane”. di Giuseppe De Lorenzo
“Poi una mattina, mentre attraversavamo piazza Venezia per andare a mangiare alla mesa dei poveri, ci trovammo circondati da qualche centinaio di persone che manifestavano.
Da un lato della strada un gruppo gridava: ‘Fuori i fascisti da Trieste’, ‘Viva il comunismo e la libertà’ sventolando bandiere rosse e innalzando striscioni che osannavano Stalin, Tito e Togliatti”. Racconta così Stefano Zecchi, nel suo romanzo sugli esuli istriani (Quando ci batteva forte il cuore), l’accoglienza del Pci agli italiani che abbandonarono la Jugoslavia per trovare ostilità in Italia. Quella che fino a pochi attimi prima era la loro Patria.
Quando alla fine della seconda guerra mondiale, il 10 febbraio 1947 l’Italia firmò il trattato di pace che consegnava le terre dell’Istria e della Dalmazia alla Jugoslavia di Tito, la sinistra non conobbe l’accoglienza. Tutt’altro. Si scaglio con rabbia e ferocia contro quei “clandestini” che avevano osato lasciare il paradiso comunista.
Trecentocinquantamila profughi istriani e dalmati. Trecentocinquantamila italiani che la sinistra ha trattato come invasori, come traditori. Ad attenderli nei porti di Bari e Venezia c’erano sì i comunisti, ma per dedicargli insulti, fischi e sputi. Nel capoluogo emiliano per evitare che il treno con gli esuli si fermasse, i ferrovieri minacciarono uno sciopero.
Giorgio Napolitano ha ragione: il Pd è davvero l’erede del Pci. La sinistra italiana, che di quella storia è figlia legittima, dimentica tutto questo. Ora si cosparge il capo di cenere e chiede a gran voce che l’Italia apra le porte a tutti i migranti del mondo. Predica l’acccoglienza verso lo straniero che considera un fratello. Quando per anni ha considerato stranieri i suoi fratelli. Gli unici profughi che la sinistra italiana ha rigettato con violenza erano italiani. Istriani e Dalmati. “Sono comunisti. Gridano ‘fascisti’ a quella povera gente che scende dalla motonave (…). Urlano di ritornare da dove sono venuti”.
Non sono le parole di Matteo Salvini. “Tornate da dove siete venuti” era lo slogan del Partito Comunista di Napolitano, Violante, D’Alema, Berlinguer e Veltroni.
L’Unità, nell’edizione del 30 novembre 1946, scriveva: “Ancora si parla di ‘profughi’: altre le persone, altri i termini del dramma. Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città. Non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall’alito di libertà che precedeva o coincideva con l’avanzata degli eserciti liberatori. I gerarchi, i briganti neri, i profittatori che hanno trovato rifugio nelle città e vi sperperano le ricchezze rapinate e forniscono reclute alla delinquenza comune, non meritano davvero la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi”.
Oggi invocano l’asilo per tutti. Si commuovono alla foto del bambino riverso sulla spiaggia. Lo pubblicano in prima pagina. Dedicano attenzione sempre e solo a chi viene da lontano. Agli italiani, invece, a coloro che lasciatono Pola, Fiume e le loro case per rimanere italiani, la sinistra riservò solo odio. Lo stesso che gli permise di nascondere gli orrori delle Foibe.
“Non dovevamo dimenticare che eravamo clandestini, anche se eravamo italiani in Italia”.
Mia nonna era fra quelli. Italiana ma diventata straniera, profuga, quando Istria passò all’ex Jugoslavia. “Presi solo un sacchetto con i vestiti, la fede e i miei figli… lasciai la casa e la terra” mi raccontava. Poi le baracche, l’isolamento e il lavoro a giornata al porto di Trieste. Tante altre ne ha passate, mia nonna, le Foibe, il fascismo prima e il comunismo poi, e in tutto questo lo sprezzo di non essere “un’italiana” (anche il cognome le fecero italianizzare…). E’ tutto vero purtroppo, non è propaganda non è ideologia né presa di posizione tra una fazione l’altra. Tutto tristemente e tragicamente vero.
Io sono uno di quei invasori. La mia famiglia ha perso tutto a Fiume ed Abbazia, siamo venuti con quello che ci stava in due valigie. Non riesco a capire come la mia gente nel giuliano continui a votare sinistra dopo tutto quello che è successo.
Domani mattina, quanto mi alzo e mi vado a lavare mi voglio sputare in faccia non una ma centomila volte, per aver votato al allora PCI x 50 anni, volevo solo aggiungere che anche se all’epoca dei fatti non ero ancora nato, gli chiedo io personalmente scusa ai profughi ISTRIANI MA SEMPRE ITALIANI ERANO E CHI ANCORA CAMPANO LO SONO ANCOR DI PIU’ DI QUELLA GENTAGLIA CHE FECERO QUEL GESTO ANCORA PEGGIO DELLE SS, il tempo mi sta dando ragione di che pasta sono fatti i compagni ma di che questi sono solo compagni tra di loro e i loro famigliari, l’ho capito in ritardo ma meglio tardi che mai.