“Come si può ritenere che la riforma in discussione costituirebbe il “contrario”, segnerebbe la fine, della democrazia parlamentare?”
E’ quanto scrive l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in una lettera inviata a “Repubblica” in risposta a un editoriale di Eugenio Scalfari.”Voleva forse Leopoldo Elia – si chiede retoricamente Napolitano – ‘il contrario della democrazia parlamentare’ quando propugnava ‘una nuova forma di governo parlamentare’, vedendo nella ‘criticità dell’assetto costituzionale di vertice della Repubblica il punctum dolens più evidente’? O voleva forse il centrosinistra buttare a mare la democrazia parlamentare quando votò, nella Commissione bicamerale del 1997-1998, per il passaggio al ‘premierato’, al governo cioè del primo ministro?”.
Napolitano assicura che “non ho, nemmeno nella mia lettera al ‘Corriere della Sera’, sostenuto che il testo della riforma debba essere approvato così come è attualmente” però “la questione essenziale è che non si lasci in piedi, attraverso l’elezione a scrutinio universale anche del Senato della Repubblica, la compresenza di due istituzioni rappresentative della generalità dei cittadini, sottraendo al Senato solo (e a quel punto insostenibilmente!) il potere di dare la fiducia al Governo. L’essenziale è dar vita a un nuovo Senato che arricchisca la democrazia repubblicana dando ad esso la natura di una istituzione finora assente che rappresenti le istituzioni territoriali. Altrimenti di fatto il superamento del bicameralismo paritario non ci sarebbe”.
Nessun “puntello” a Renzi, da parte del presidente emerito della Repubblica: “A me – scrive Napolitano – sarebbe egualmente premuto che una tale riforma venisse varata da qualsiasi precedente Presidente del Consiglio. Si sta finendo per parlare dell’approvazione di questa riforma essenzialmente in funzione di come si giudica, di che cosa ci si aspetta o si teme dall’attuale Presidente del Consiglio”.
“L’essenziale è dar vita a un nuovo Senato che arricchisca la democrazia repubblicana dando ad esso la natura di una istituzione finora assente che rappresenti le istituzioni territoriali. Altrimenti di fatto il superamento del bicameralismo paritario non ci sarebbe”
“Rimarrebbero intatti i fattori di fragilità e debole capacità deliberativa dell’esecutivo, si lascerebbe il paese in quell’assoluta incertezza e tortuosità dei percorsi di approvazione delle leggi – spiega il senatore a vita – che ha offerto spinte e alibi al degenerativo precipitare del rapporto Governo-Parlamento nella spirale dei decreti legge, dei voti di fiducia, dei maxiemendamenti e articoli unici”. In Senato “è dunque in discussione non uno schema astratto di riforma o un qualche puntiglio politico, bensì una esigenza vitale per un valido funzionamento, specie nell’attuale fase storica, del sistema democratico italiano”