(EURONEWS) Era una delle regioni più fertili e ricche di storia della Siria, la provincia di Al Hasakah, travolta dalla guerra civile, 3 anni fa, vede oggi al fronte anche le donne.
Molte imbracciano kalashnikov e causa nazionale, al fianco delle milizie curde che si battono contro l’Isil.
Su 40-50 mila combattenti curdi in Siria il 35% sono donne, stando a dati forniti dalle Unità di protezione popolare, il braccio armato del Partito politico curdo.
Dilbreen ha 17 anni, andare in guerra per lei era un dovere morale:
“Mi sono unita alle milizie YPJ volontariamente. Lo faccio per difendere curdi, arabi e cristiani. Difenderò il mio Paese e tutti coloro che che si battono per la sua salvezza”.
Sono tutte giovanissime e ci spiegano che in guerra non contano solo i muscoli e la forza fisica.
Çiçek , comandate di un’unità YPJ:
“L’uomo combatte usando la forza fisica, mentre la donna usa la testa.
La donna sa quando è il caso di usare le armi. Generalmente respinge l’uso della violenza. Ma siamo costrette a difenderci, siamo cresciute con questi pensieri. Quando l’Isis partirà, saremo in grado di ricostruire la nostra società politicamente, militarmente e civilmente”.
In attesa che la normalità torni, cercano di non dimenticare i gesti semplici di una quotidianità lontana.
In guerra, ci dicono, si cresce in fretta.
Zireena:
“A casa le ragazze si prendono cura di sé più di quanto possano fare al fronte.
Quando mi trovo in prima linea cambio radicalmente, sento decisamente tutta la responsabilità e capisco le cose diversamente”.
Prima di arruolarsi, molte ricevono una formazione militare di base, sanno di far parte di un movimento rivoluzionario e non di un esercito regolare.
Potrebbero non tornare a casa, ma la morte non le spaventa.