“Sono stanca di dovermi nascondere. Se può, faccia saper al mio Igli che lo aspetterò tutta la vita è che lo amerò sempre”.
Ambera Saliji non volta le spalle a Igli Meta, il giovane albanese che domenica pomeriggio ha sgozzato Ismaele Lulli a Sant’Angelo in Vado. Un omicidio brutale dettato dalla gelosia. igli era, infatti, convinto che Ismaele avesse avuto una relazione con Ambera, studentessa macedone di diciannove anni. “Io non sono una belva, non ho fatto niente di male – dice la ragazza al Corriere della Sera – invece sono tirata dentro pure io e passo per quella che ha scatenato la gelosia”.
“Cosa provo per la vittima e per la sua famiglia? Cosa vuole che le risponda: condoglianze – continua Ambera con cinismo – stop, altro non ho da dire dopo tutte le cose che ho sentito in questi giorni”. Poi, si mette subito a raccontare: “Igli ha commesso un delitto. Mi ha telefonato subito per avvisarmi. Non riuscivo a crederci, non è una cosa da lui. Ecco quello che ho pensato”.
Ma Ismaele, che dopo essere stato sgozzato è stato abbandonato in un bosco, non sembra aver provato granché: “Ho sentito tanto di quel razzismo, da parte di tutto il paese. Ho letto di gente che diceva ‘a quelli ci pensiamo noi’, inteso come albanesi e stranieri. Hanno distrutto persino l’auto dei carabinieri che portava Igli in prigione, volevano linciarlo”. Insomma, sotto sotto, Ambera non sembra voler condannare Igli, il fidanzato. In un certo senso, lo giustifica: “Sì, l’ha sgozzato, e non lo giustifico, ma non voleva farlo. Mi rendo conto che non è facile capire. Mi si darà della pazza, insensibile, una che vuol comprendere un assassino. Intanto lo amo, è il mio uomo. E poi lo conosco da quattro anni e mezzo, da quando ci siamo fidanzati. È un ragazzo dolce, so bene di che pasta è fatto, conosco il suo cuore. Non è violento”. (E se invece fosse stato violento cosa avrebbe fatto?)
La ricostruzione degli inquirenti su come i due avrebbero tolto la vita a Ismaele sembra uscita dal più becero dei film horror. Riporta il Corriere della sera che il ragazzo è stato portato nel punto più nascosto del paese, su un colle vicino alla chiesa di San Martino, quasi abbandonata. I due lo avrebbero legato a una croce tra i pini, braccia e gambe bloccate con una nastro adesivo per pacchi. Una volta immobilizzato, lo hanno sgozzato con un taglio netto di 9 centimetri. Meta e Nema hanno preso quindi il corpo e gettato in un dirupo, lasciando sull’erba una scia di sangue.
Poi sono andati tranquillamente a fare un bagno al fiume.