Un tunisino di 35 anni e un pakistano di 27 anni sono stati arrestati questa mattina dalla polizia a Brescia. Il primo aveva creato l’account twitter Islamic_State_in_Rom e, insieme al complice pakistano, pianificava azioni terroristiche sul territorio italiano attraverso la medesima piattaforma informatica dove comparivano messaggi minacciosi a firma Islamic State sullo sfondo di alcuni luoghi-simbolo italiani, a Roma e Milano.
I fermati volevano colpire luoghi simbolo a Roma e Milano
“Siamo nelle vostre strade. Siamo ovunque. Stiamo localizzando gli obiettivi, in attesa dell’ora X”. Questi alcuni dei messaggi, scritti a penna, in italiano, arabo e francese, su dei foglietti tenuti in mano e, sullo sfondo, alcuni luoghi simbolo come il Colosseo, il Duomo o la stazione di Milano
Immortalati anche mezzi della polizia di Stato e della polizia locale, fermate della metropolitana, tratti autostradali e bandiere dell’Expo.
Obiettivi nazionali, ma anche bresciani, da colpire visto che volevano puntare sulla stazione ferroviaria di Brescia e la base militare di Ghedi. Secondo il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli, i due volevano far saltare un aereo e fare un attentato in una zona strategica. Sul posto, infatti, ci sono ordigni atomici.
Ma nel mirino c’erano anche la ditta di distribuzione alimentare dove lavorava uno dei due. Avrebbero voluto infilarsi sul mezzo guidato dal pachistano e poi entrare in azione. Nelle loro intenzioni c’era anche la volontà di uccidere tre carabinieri.
Poi avrebbero scaricato un manuale di addestramento all’Isis e dopo i vari possibili attentati sarebbero fuggiti in Siria per entrare nelle milizie. C’è tutto questo nelle intercettazioni telefoniche che fanno parte delle 65 pagine di ordinanza con cui il pubblico ministero Elisabette Meyer ha fatto arrestare i due presunti terroristi.
Il pakistano, prima di partire per la Siria, voleva «ammazzare due o tre carabinieri» dell’aerobase del Sesto Stormo. E’ quanto emerge da un’altra intercettazione agli atti nella quale il tunisino Lassaad Briki dimostrerebbe appoggio dicendo «c’è una base militare qua». Secondo il gip, infatti, i due avrebbero individuato «nei carabinieri e negli americani di stanza a Ghedi i possibili obiettivi» e Briki si stava interessando «al reperimento di armi, in particolare kalashnikov».