di Franco Iacch
Svelato il primo vero reparto speciale dell’Isis e questa volta non è uno scherzo. Gli elementi di questo reparto (è corretto chiamarlo così considerando l’asset dell’Isis) indossano delle bandane blu e sono ritenuti i soldati più letali dello Stato islamico. Si lanciano verso il nemico urlando “Vittoria o Martirio”.
Tra i combattenti regolari dell’Isis, le truppe speciali sono chiamate “Inghemasiyoun” che in arabo significa “coloro che si immergono”. Sono considerate le truppe più letali tra le fila dei terroristi, nulla a che vedere con i soldati immortalati nei video di propaganda diramati dal braccio mediatico dell’Isis in questi mesi.
Questi sono soldati disciplinati, ben equipaggiati e fanatici. Ricordano per certi versi i Berserker, i mitici guerrieri scandinavi colti da furore religioso. I commando dell’Isis vanno in battaglia con una cintura esplosiva: l’ultimo atto della loro follia in presenza di sconfitta imminente.
Prima nascosti (forse volutamente dalla Coalizione), adesso sono ben noti. Sono reputati i principali responsabili della cattura della città siriana di al-Sukhna, lo scorso maggio.
Il loro ruolo nella strategia di al Baghdadi è ormai chiaro. Sono i primi elementi che l’Isis manda in battaglia, infiltrando piccoli gruppi dietro le linee nemiche e generando il caos. Una volta seminato il panico, inizia l’invasione di terra regolare.
Nonostante la brutalità dimostrata, il Califfato continua a mostrare organizzazione e flessibilità, con tattiche creative che sfruttano gli agenti atmosferici a proprio vantaggio. Le tempeste di sabbia, negli ultimi attacchi, sono diventate un valido alleato del Califfato che le sfrutta per mascherare un assalto, così come i cecchini che hanno imparato a mimetizzarsi sfruttando l’ambiente circostante in modo professionale e non improvvisato.
Gli ultimi attacchi hanno mostrato un’elasticità nell’impostazione, che agilmente si tramuta da guerra convenzionale in guerriglia. Gli Humvee sottratti agli iracheni così come l’artiglieria pesante, agiscono di concerto con le truppe suicida. Tattiche e strategie che si riscontrano in Iraq, Siria ed Egitto.
A differenza delle truppe regolari irachene e siriane, guidate da comandanti che temono l’insuccesso di ogni azione militare, i terroristi sono guidati da elementi che hanno un solo ordine: vincere quella battaglia con ogni mezzo e strategia. Emerge proprio che la capacità informale di colpire il nemico stia vincendo contro gli statici ordini delle truppe regolari, guidate da rigide, inefficienti e corrotte gerarchie.
Le ultime battaglie continuano a fornire altri dettagli. I fondamentalisti sono stati costretti ad essere molto disciplinati per un semplice motivo: l’immediata esecuzione capitale sul campo di battaglia. Emergerebbe anche una sorta di lungimiranza strategica in quanto, secondo gli iracheni, soltanto una piccola parte dell’equipaggiamento pesante sottratto è stato utilizzato in battaglia, forse in previsione di una campagna futura e più impegnativa.
I paragoni, intanto, si sprecano. Gli stessi generali iracheni, riferiscono che l’Isis sarebbe in grado di condurre contemporaneamente numerose battaglie, garantendo in ogni teatro, viveri, munizioni e rinforzi. Gli iracheni, invece, sarebbero in grado di guidare (?) una sola battaglia alla volta.
Le atrocità fanno poi parte di una precisa tattica volta a terrorizzare i nemici. Proprio gli uomini del Califfato, “grazie” alla loro ferocia sono giudicati come dei colossi inarrestabili. Dai 30 ai 60 mila combattenti si trovano in Iraq e Siria. La forza combattente, guidata da ex ufficiali del disciolto esercito di Saddam Hussein, annovera elementi (molti con esperienza) europei, americani, arabi ed asiatici.
Ci sono poi migliaia di jihadisti veterani che hanno combattuto in Afghanistan, Cecenia e Somalia, con il loro bagaglio di tattiche asimmetriche. Il loro ruolo, dal combattimento in prima linea, si sta è evoluto in quello di moltiplicatori di forze.
E’ ormai confermato che a Ramadi agirono proprio gli “Inghemasiyoun”. Quegli attacchi sincronizzati, quella capacità di condurre operazioni che spaziano dalla strategia tradizionale al terrorismo, saranno studiati a lungo dagli alleati. Appare evidente che la dottrina contro l’Isis presenta svariate lacune per un nemico sottovalutato. Simili procedure, si registrano anche in Egitto.
Nonostante la perdita di Baghdad, della raffineria di petrolio di Beiji e della città natale di Saddam Hussein, Tikrit in Iraq e di Kobane e Tal Abyad, in Siria, lo scorso mese si è verificato un attacco portato da settanta terroristi suicidi. Kobane è stata sconvolta da continue esplosioni. Non era di certo un attacco per riconquistare la città, ma volto più a creare il panico tra le fila del nemico.
Un’altra incursione la settimana scorsa, a Tal Abyad con il medesimo fine. Le ultime tattiche dell’Isis implementano anche l’utilizzo degli UAV sul campo di battaglia. Lo Stato islamico, per motivi che appaiono ignoti, possiede inoltre apparati di comunicazione superiori a quelli in possesso delle truppe regolari irachene. La conferma arriva dal comandante della Quinta divisione irachena, il generale Ali Omran. I terroristi utilizzerebbero frequenze criptate per comunicare tra di loro. In alcuni attacchi, i fondamentalisti hanno anche utilizzato le frequenze non protette per confondere il nemico e trasmettere false informazioni.
Infine, il cibo. Sconcertante quanto sia efficiente il sistema logistico dell’Isis. Le razioni dei guerriglieri prevedono anche spiedini di carne e pollo alla griglia, mentre non manca mai l’acqua in prima linea.
Le truppe irachene in battaglia, invece, a volte riescono anche a mangiare.