Guai per il Piemonte: buco da 11 miliardi e firme false per Chiamparino

Il Piemonte rischia di diventare la Grecia d’Italia. Il passivo dell’ente guidato da un anno da Sergio Chiamparino, supera infatti tra disavanzi, crediti deteriorati e indebitamento gli 11 miliardi. Cifre da default, con interessi giornalieri pari a 1,23 milioni di euro, sabati festivi e domeniche comprese. Totale annuo di 450 milioni.

 

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Se ciò non bastasse, domani il Tar potrebbe annullare le ultime elezioni, in virtù di 329 firme false tra quelle presentate per la convalida del cosiddetto ‘listino’ del presidente. Tra i 10 candidati di quel listino, che è di fatto il premio di maggioranza del sistema elettorale piemontese, c’era anche Chiamparino, che quindi decadrebbe da consigliere se il Tar accogliesse il ricorso presentato da Patrizia Borgarello. Si tratta di un’ex consigliera provinciale della Lega Nord, che si è rivolta al tribunale amministrativo, evidenziando irregolarità su parte delle 2.292 firme raccolte a sostegno del listino. Stornando le 329 presunte irregolari, però si rimarrebbe sopra la soglia minima necessaria di 1.750 firme, sostiene la difesa di Chiamparino. Borgarello punta a portare la vicenda in sede civile, aprendo un procedimento ordinario per falso, allungando all’infinito i tempi, e l’instabilità del bilancio.

“Obiettivamente ci sono stati dei vizi nella fase di raccolta delle firme” ammette il segretario regionale del Pd, Davide Gariglio, parlando con LaPresse alla vigilia dell’udienza.”C’è grande incertezza – aggiunge – perché c’è sempre un margine di interpretazione su queste norme, ma noi abbiamo fiducia e rispetto dei magistrati, non abbiamo gridato al complotto. Per sopravvivere nella gestione del potere, non la tireremo per le lunghe. Se il Tar accoglierà la domanda dei ricorrenti, non aspetteremo, e anticipiamo il voto”. Si andrebbe a quel punto verso un Chiamparino bis, ma con la forte incognita grillina a pesare sull’esito del voto, dopo il caso Cota il nuovo ‘firme-gate’ di Chiamparino ha messo il vento in poppa al Movimento 5 Stelle, che già nel 2010 entrò in consiglio regionale forte dell’appoggio ai ‘No Tav’.

In tutto quindi ci sono potenzialmente 3 o 4 contendenti sopra il 10%, e stando così le cose, la vittoria è possibile anche solo superando di poco il 30% dei consensi, come accaduto a Giovanni Toti in Liguria. Con una differenza fondamentale: i debiti e il rischio default.

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