“Se la situazione è così complessa, la responsabilità è di Atene molto più che di Bruxelles: dei governi degli ultimi decenni, e anche di Tsipras e Varoufakis, che in pochi mesi con i loro comportamenti egocentrici hanno dilapidato il patrimonio di simpatia conquistato con la vittoria elettorale”. (Monti fa finta di non sapere che il consenso di Tsipras è salito al 63%)
Così l’ex premier Mario Monti in un’intervista al Corriere della Sera. “La troika – prosegue – non vuol dire l’Europa. E non sono mai stato tanto convinto come ora di aver fatto bene a imporre all’Italia uno sforzo che ci ha evitato la troika“. “La troika significa umiliazione e politica neocoloniale. Noi l’abbiamo evitata”, spiega il professore.
“Merkel – continua Monti – vince solo se tiene la Grecia dentro l’euro e favorisce l’accordo finale. Se invece si avesse la sensazione che la Merkel e Schäuble non hanno voluto l’accordo, in Europa ci sarebbe una rivolta degli spiriti, un tumulto delle anime: uno scenario drammatico, per l’Europa e per la Germania”. In caso di Grexit è “difficile prevedere le reazioni dei mercati, se venisse meno la certezza dell’irreversibilità della moneta unica. Qualcuno potrebbe avere la tentazione di scommettere contro altri Paesi”.
“L’economia italiana – afferma Monti – cresce la metà rispetto ai Paesi dell’Eurogruppo da 15 anni. Non è stato il mio governo a deprimerla. ”
Ovviamente è una menzogna
“Anzi, con le riforme che abbiamo avviato (I CUI RISULTATI SONO BEN EVIDENTI NELL’IMMAGINE SOPRA), proseguite dai miei successori, abbiamo posto le basi per la ripresa. Quelle cose non le abbiamo fatte perché ce le ha chieste l’Europa. Le abbiamo fatte nell’interesse e per la dignità dell’Italia. Le ricordo che siamo l’unico Paese dell’Europa del Sud, Francia compresa, a essere uscito dalla procedura d’infrazione”.
“Renzi – prosegue Monti – ama ripetere che in Europa occorre meno burocrazia e più politica. E’ una frase di grande grossolanità. A quale politica si riferisce? Se politica significa andare ai vertici pensando solo agli interessi di casa propria, ai sondaggi, alle elezioni successive, allora di politica ce n’è fin troppa. Se i leader, e parlo in generale, si imprigionano nello schema delle 140 battute di un tweet, allora non sono leader, ma follower”.