Terrorismo, imam Pallavicini: la soluzione non è la chiusura delle moschee

La soluzione per combattere l’estremismo islamico e la sua infiltrazione nella società non è la chiusura delle moschee, ma la loro buona gestione da parte di ”predicatori autorizzati e accreditati con le autorità” che divulghino un ”Islam sano, trasparente” e che siano ”duri contro le ambiguità, i corruttori”.

Ne è convinto l’imam Yahya Pallavicini, vice presidente della Coreis (Comunità religiosa islamica), che commenta con Aki – Adnkronos International l’iniziativa del premier tunisino Habib Essid di chiudere 80 moschee per incitamento alla violenza dopo il massacro avvenuto ieri in un resort di Susa, sulla costa, dove un uomo armato ha ucciso 39 persone, la maggioranza turisti stranieri.

pallavicini

”Se il governo tunisino ha deciso così, spero e credo che sappia di infiltrazioni nelle moschee tunisine”, ha detto Pallavicini, precisando però che ”non può essere una misura universale da adottare in tutto il mondo islamico, tantomeno in Italia”.

Il vice presidente della Coreis si dice comunque ”colpito dalla misura cautelativa e preventiva” adottata dal governo della Tunisia, ”dove c’è un grande controllo nelle moschee”. Inoltre, sottolinea, ”questa nuova degenerazione che si rifà al califfato fantoccio dello Stato Islamico usa i social media e la rappresentazione mediatica per il suo reclutamento di giovani ignoranti e deboli. La maggior parte di coloro che erroneamente e scioccamente aderiscono a questa forma di terrorismo è in cerca di un’avventura”.

Per reclutarli, i miliziani dell’Is ”hanno bypassato i luoghi di istruzione, di educazione e di culto” e scommettono sulla ”suggestione dell’avventura manipolando l’informazione religiosa”. Inoltre ”le moschee, come anche le sinagoghe o i templi, dovrebbero essere un luogo di conforto in un momento di crisi sociale e culturale, come quello che stiamo attraversando”. E ”nelle moschee autentiche, quelle ben gestite da predicatori autentici, per loro (gli estremisti, ndr) è più difficile entrare”, fa notare Pallavicini.

Per quanto riguarda la situazione italiana, Pallavicini tiene a sottolineate che nel nostro Paese ”non c’è niente da chiudere” e ”non c’è una regolamentazione delle moschee”. Quello che è necessario, invece, è ”chiarire chi le gestisce, distinguere tra i buoni e i cattivi predicatori, tra i buoni e i cattivi gestori” dei luoghi di culto islamici. ”Quello che sta succedendo in Tunisia deve portarci alla volontà di chiarire in Italia a chi possiamo affidare la gestione delle moschee, che in quanto luoghi di culto non sono spazi di eversione e di confusione dei poteri”.

Insomma, ”bisogna tutelare chi prega e perseguire i criminali”, afferma Pallavicini, rilanciando quanto affermato dal ministro degli Interni Angelino Alfano in un incontro del febbraio scorso al Viminale con le associazioni islamiche in Italia, dove vivono 1,5 milioni di musulmani. ”Vanno ristretti i luoghi del reclutamento e dell’addestramento – afferma Pallavicini – tenendo presente che se chiudiamo le moschee, i buoni fedeli musulmani dove andranno a pregare?”. C’è ”il rischio di criminalizzare l’Islam”, conclude.