Grecia, usurai all’attacco: “Tsipras ha rotto il negoziato”

Come prevedibile, sono piovute reazioni negative all’Eurogruppo sulla decisione del governo greco di tenere un referendum sull’ultima proposta di Ue e Fmi per tenere in piedi il programma di aiuti. Un colpo di mano del premier Alexis Tsipras che ha colto tutti di sorpresa e che rappresenta “una rottura unilaterale” del negoziato, per usare le parole del ministro tedesco Wolfgang Schaeuble.

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Arrivando a Bruxelles parlano solo i “falchi”, o quasi. “Il programma di aiuti si concluderà martedì”, ha aggiunto Schaeuble. Eravamo venuti qui oggi per cercare di negoziare sulla base di una posizione unitaria con la Grecia, ma il governo greco, se capisco bene, ha messo termine unilateralmente al negoziato”.

Anche più duro il finlandese Alexander Stubb: con la decisione dei greci ora il “piano B”, quello che prevede l’insolvenza di Atene e una sua possibile uscita dall’euro, “procede molto velocemente, e diventa il piano A”.

Secondo il presidente dell’Eurogruppo, Jereon Dijsselbloem “si tratta di una decisione triste di chiusura” di fronte ad una porta che invece per parte europea restava aperta. E il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici ha cercato in qualche modo di lasciare aperta questa porta, pur ammettendo che la mossa greca ha interrotto il negoziato. “Ora – ha detto – sta all’Eurogruppo prendere la responsabilità di valutare se un accordo è ancora possibile”.

Anche la direttrice del Fondo monetario internazione Christine Lagarde ha cercato di evitare toni da epilogo. Ha affermato che l’istituzione continuerà a lavorare per cercare un accordo che consenta di aiutare la Grecia. Ma ha anche sottolineato che questo deve poggiare su “due pilastri”: da parte dei greci servono “riforme strutturali e risanamento”, da parte dei suoi partner europei, ha affermato Christine Lagarde giungendo all’Eurogruppo serve “sostegno finanziario e operazioni sul debito per renderlo sostenibile”.

Ma il problema è anche tecnico, come suggerito dai vari ministri che hanno osservato come non sia per nulla chiaro cosa dovrebbero votare i greci. Perché Tsipras ha annunciato un referendum su un accordo che ancora non c’è, che nessuno ha formato a livello tecnico. Forse spetterà firmarlo al ministro delle finanze Yanis Varoufakis, che si è presentato sorridente all’Eurogruppo ma senza rilasciare dichiarazioni.

Altrettanto silenzioso, ma scuro in volto è apparso il presidente della Bce Mario Draghi.

Intanto si fa sempre più concreto il rischio di una insolvenza sul pagamento di 1,6 miliardi di euro che la Grecia deve versare entro il 30 giugno al Fondo monetario internazionale. E per cui l’ultima proposta avanzata dai creditori internazionali prevedeva, in caso di accordo, il versamento immediato di 1,8 miliardi di euro.

Tsipras aveva parlato di “ricatti” e “ultimatum” contrari allo spirito europeo, spingendo il presidente della Commissione europea a smentire che vi fossero ultimatum e a sostenere che semmai “anti europeo è chi non ascolta gli altri”.

La cancelliera della Germania Angela Merkel, che aveva avuto un breve incontro ristretto con Tsipras assieme al presidente Francese Francois Hollande, ha esortato la Grecia ad accettare l’offerta “straordinariamente generosa” avanzata dai creditori internazionali. Ma Tsipras, sostenuto dagli esponenti di Syriza non ne ha voluto sapere. Quanto chiesto da Ue e Fmi “viola chiaramente i diritti fondamentali e sociali europei”, ha detto. Asfissierebbe l’economia e porterebbe “all’umiliazione del popolo intero.

Fra le altre cose, i creditori chiedono la privatizzazione della società di trasmissione elettrica Admie, misura che Atene rifiuta

Siamo responsabili del futuro del nostro paese – ha detto ancora il premier greco -. Questo ci obbliga a rispondere agli ultimatum ricorrendo alla sovranità popolare”. Infine, ha promesso che rispetterà l’esito del voto. Questo aspetto è tutto da verificare. Perché da un lato il premier resta popolare nei sondaggi, ma gli stessi sondaggi finora hanno sostenuto che la maggioranza dei greci vuole restare nell’euro.