Emergono particolari inquietanti sull’aggressione con il machete a Milano. Secondo un testimone, uno dei tre fermati, dopo essere sceso, è “risalito sul treno”, e ha ‘puntato’ con il machete in mano il capotreno “inseguendolo all’interno della prima carrozza, mentre lui tentava di fuggire”.
Lo ha messo a verbale Riccardo Magagnin, ferroviere che, l’11 giugno scorso a Milano, era sul passante ferroviario quando il collega Carlo Di Napoli e’ stato gravemente ferito ad un braccio, quasi amputato. Anche verso di lui, tra l’altro, e’ stato indirizzato un “fendente”, ma e’ riuscito “a bloccare il braccio dell’aggressore”, prima di essere pestato.
Le sue dichiarazioni sono contenute nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, firmata dal gip Gennaro Mastrangelo, a carico dei due ragazzi salvadoregni e dell’ecuadoriano, appartenenti alla “pandilla” MS13 e arrestati nei giorni scorsi. “Ricordo – ha spiegato il ferroviere – di essere stato buttato a terra e poi ho tentato di proteggermi il viso mettendomi in posizione fetale per attutire i colpi”.
Dall’ordinanza, tra l’altro, emerge anche che Jose’ Emilio Rosa Martinez – 19enne, difeso dal legale Andrea Mantuano e che ha gia’ confessato di aver sferrato il colpo di machete – ha indicato ai magistrati anche un altro dei componenti del gruppo, oltre ai due giovani finiti in carcere con lui.
Martinez, infatti, non solo si è detto “dispiaciuto” per il suo gesto e ha raccontato i dettagli di una serata a base di “vodka” conclusa con la brutale aggressione in treno, ma ha anche messo a verbale di aver preso in prestito l’arma da “Pajaro Loko”, soprannome di Andres Lopez Barraz.
La consegna sarebbe avvenuta quando erano in un parco a bere con altri e prima di salire in gruppo (erano in sette e c’era anche tale “Kevin il Rokero”) sul passante ferroviario. L’amico teneva il machete “nascosto in un cespuglio”, ha spiegato Martinez, e “ho chiesto il permesso (…) ha detto che potevo prenderlo, e quindi l’ho nascosto all’interno dei pantaloni che indossavo”.
today.it