ITALIA, SVEGLIATI! Oggi rompere le catene non è tradimento ma atto di fedeltà alla Repubblica

rivoluzione

di Gian Giacomo William Faillace

“L’uomo è nato libero ma ovunque è in catene”, con queste veritiere parole, il filosofo illuminista ginevrino Jean-Jacques Rousseau, apre “Il contratto sociale”, un saggio in cui, con semplicità, si teorizza come dagli albori della civiltà umana sia stato stipulato un primo patto sociale iniquo, poiché basato sulla forza e non sul diritto, quindi non veniva istituito uno Stato che, con le sue leggi, garantisse i diritti di ciascuno, l’unica legge vigente era quella del più forte. Successivamente, avviene un’evoluzione: gli uomini trovano una legittimazione giuridica della proprietà, sostituendo la forza con il diritto, ne consegue quindi la creazione dello Stato e della società civile entrambi costituiti esclusivamente dai Cittadini.
Da qui il cittadino, e quindi il Popolo, diventa sovrano e soggetto, sia attivo che passivo.

Fatto questo breve preambolo, è chiaro che nel nostro caso, nel caso dell’Italia, siamo tornati al primo patto sociale, quello basato sulla forza e le nostre catene sono le ambizioni personali, la superstizione, quella falsa cultura propinata da una classe docente asservita all’anti-italianità e da una, sedicente, classe culturale, ma soprattutto dal peggior nemico del Popolo italiano: lo Stato, non inteso come entità bensì come classe dirigente che, anzichè tutelare la sovranità del Popolo e della Patria, ambiscono a preservare quei privilegi personali a scapito dei cittadini, tradendo così gli ideali patriottici e la difesa della Repubblica democratica, trasformandola in un’oligarchia corrotta da potenze o entità straniere, che tendono a distruggerla.

Eccola, la vera cospirazione! L’alto tradimento è nell’amministrazione delle finanze.
Essa poggia per intero su un sistema di innovazioni anti popolari, mascherate all’esterno dal patriottismo. Essa ha per scopo di fomentare l’aggiotaggio, di sconvolgere il credito pubblico disonorando la lealtà all’Italia, di favorire i creditori di un fantomatico debito, di rovinare e di ridurre alla disperazione la classe media, di moltiplicare i malcontenti, di spogliare il popolo dei beni nazionali, e di condurci insensibilmente alla rovina della fortuna pubblica anche accogliendo migliaia di disperati che serviranno in futuro non solo a distruggere gli italiani come etnia, ma anche come arma di ricatto nei confronti dei lavoratori; un ricatto che avviene già oggi, quando imprenditori senza scrupoli offrono lavori precari e sottopagati e alle obiezioni del dipendente rispondono:”Se non ti va bene, sai quante persone posso trovare disposte a farlo anche per meno?” riducendo così al silenzio il dipendente e facendo prevalere non il diritto ma la legge del più forte a cui si accennava all’inizio. Ma chi bisogna imputare questi mali? A noi stessi, alla nostra fiacca debolezza verso il crimine ed al nostro colpevole abbandono dei princìpi da noi stessi proclamati.

Come ricordava un unico grande statista, realmente incorruttibile ed illuminato “Popolo, ricordati che se, nella Repubblica, la giustizia non regna con dominio assoluto e se quella parola non significa amore dell’uguaglianza e della patria, allora la libertà è solo un nome vano. Popolo, tu che sei temuto, adulato e disprezzato; tu, sovrano riconosciuto che sei trattato sempre come schiavo, ricordati che, ovunque la giustizia non regna, a regnare sono i vizi di coloro che ti governano; e che il popolo ha allora solo cambiato le sue catene, non i suoi destini.
Ricordati che esiste nel tuo seno una lega di furfanti che lotta contro la virtù pubblica; che ha più influenza di te sui tuoi affari, che ti teme e ti adula quando sei in massa, ma ti proscrive individualmente nella persona di tutti i buoni cittadini.
Ricordati che, lungi dal sacrificare questo pugno di furfanti al tuo bene, i tuoi nemici vogliono sacrificare te a quel pugno di furfanti, che sono gli autori di tutti i nostri mali e i soli ostacoli alla pubblica prosperità.
Sappi che ogni uomo che si alzerà a difendere la causa e la morale pubblica sarà schiacciato dagli insulti e proscritto dai furfanti. Sappi che ogni amico della libertà sarà sempre posto in mezzo tra un dovere ed una calunnia; e che chi non potrà essere accusato di tradimento sarà accusato di ambizione; che l’influenza della probità e dei princìpi sarà posta a confronto con la forza della tirannia e con la violenza delle fazioni; che la tua fiducia e la tua stima saranno titoli di proscrizione per i tuoi amici; che il grido del patriottismo oppresso sarà chiamato grido di sedizione, e che, non osando attaccarti in massa, ti si proscriverà in privato nella persona di tutti i buoni cittadini, finché gli ambiziosi non avranno organizzato la loro tirannia. Tale è infatti il dominio dei tiranni contro di noi, tale è l’influenza della loro lega con tutti gli uomini corrotti, sempre pronti a servirli.
Così dunque, gli scellerati ci impongono la legge di tradire il popolo, a pena di essere chiamati traditori. Diremo che tutto va bene? Continueremo a lodare per abitudine o per pratica ciò che è male? Ma facendo così rovineremo la patria e con essa noi stessi ed il futuro dei nostri figli.

Oggi essere nazionalisti e, soprattutto, amare la propria patria, non vuol dire essere fascisti, voler il bene dei propri connazionali non è sinonimo di razzismo. Non fatevi ingannare da queste parole “fascista” e “razzista” usate solo per ferire l’orgoglio di chi vuole giustizia, una reale giustizia sociale. Non abbiate paura di queste parole che servono solo a zittirvi ed a rendervi schiavi dei loro piani criminosi contro la vostra Patria, contro voi stessi, contro i vostri figli e nipoti. Agite! Agite denunciando, agite informandovi sui vostri reali diritti, agite facendo valere i vostri diritti, manifestando pacificamente ma con risolutezza anche dinnanzi alle più piccole sezioni di partito quando esse sono riunite, scrivete lettere ai giornali, rendetevi realmente partecipi della Cosa Pubblica perché è vostra e non del PD o di SEL, di qualche invasato islamico o dei centri sociali.

Proprio costoro, appoggiati da quei sedicenti protettori dei deboli, dei lavoratori, della libertà e della democrazia, hanno più volte dimostrato che nella realtà odiano proprio quelli che essi sostengono di appoggiare, distruggendo le proprietà dei deboli, dei lavoratori, dei liberi cittadini, rendendoli ancor più deboli minando quel poco benessere che con anni di lavoro e sacrifici si sono costruiti. Essi vogliono sottomettere allo stesso regime la pace e la guerra, o piuttosto vogliono soltanto la resurrezione della tirannia e la morte della patria. Se invocano l’esecuzione letterale delle massime costituzionali, è solo per violarle impunemente; sono vili assassini che, allo scopo di sgozzare senza pericolo la repubblica, si sforzano di legarle le mani con massime di ordine generale, dalle quali poi sanno ben svincolarsi essi stessi.

E non possiamo sollevare da ogni colpa il governo in carica. Come disse Maximilien Robespierre, un buon esecutivo dovrebbe fondarsi sulla più santa di tutte le leggi: la salute del popolo. Un buon governo, degno di tale nome, ha le sue regole tutte fondate sulla giustizia e sull’ordine pubblico. Esso non ha niente in comune con l’anarchia né coi disordini; al contrario il suo scopo è di reprimerli per instaurare e per rafforzare il regno delle leggi. Non le passioni particolari devono dirigerlo, ma l’interesse pubblico. Esso deve essere rigoroso senza compromettere la libertà pubblica. La misura della sua forza deve essere l’audacia e la perfidia dei criminali; più terrore suscita ai malvagi, più deve essere favorevole ai buoni; più le circostanze gli impongono certi atti di rigore, più deve astenersi da misure che restringano inutilmente la libertà e che feriscano gli interessi privati senza alcun vantaggio pubblico. Esso deve navigare in mezzo a due scogli, la debolezza e la temerità, il moderatismo e l’eccesso: il moderatismo che sta alla moderazione come l’impotenza sta alla castità; l’eccesso che assomiglia all’energia come l’idropisia alla salute.