Liberiamoci”: è lo slogan scelto dagli attivisti Lgbti per il Roma Pride di sabato 13 giugno, e riassume in una parola una lunga lista di rivendicazioni della comunità. “Col Pride diventiamo soggetti della nostra liberazione individuale”, specifica il comitato organizzatore, un “processo mai concluso: ma anche di “una liberazione collettiva, tanto più importante oggi che tanti spazi di libertà e autodeterminazione conquistati in passato sono sotto attacco e messi in discussione”.
“Ignazio Marino ha impresso veramente una svolta, con il registro delle unioni civili – dice l’assessore Maccarrone-: ha mantenuto un impegno preso con la comunità Lgbti e dato un segnale forte al Parlamento. E’ importante che dalla capitale d’Italia sia stata messa nero su bianco una scelta di cambiamento”.
Nel dettaglio, il Pride romano -quest’anno gemellato con quello di Belgrado- partirà da piazza della Repubblica per arrivare a piazza Venezia, “passando anche da piazza Vittorio -dice Maccarrone-, simbolo di convivenza multietnica e multiculturale”.
Saranno 15, 5 in più della scorsa edizione, i carri allegorici preparati dalle più diverse realtà, dalla Cgil al centro sociale Acrobax. Due gli hashtag su Twitter, #liberiamoci e #human. E, per la prima volta, il sindaco, la giunta e il consiglio comunale, accompagnati dai minisindaci dei municipi romani, sfileranno dietro uno striscione del Campidoglio, con la scritta Roma e lo scudo simbolo della città.
MONSIGNOR PAGLIA – “Io sono rispettoso di tutte le individualità; dirò di più: per me ogni persona è sacra, in qualsiasi situazione si trovi. Ma da che mondo è mondo, la famiglia è formata soltanto da un uomo e una donna, con i loro figli. Bisogna evitare una nuova Babele”. E’ quanto sottolinea all’AdnKronos monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia.
“Dobbiamo prendere coscienza che su questo punto siamo chiamati a una battaglia radicale – avverte il presidente del dicastero vaticano – E’ questa famiglia, marito e moglie con i figli, a creare e formare la società, la cultura, la storia e in definitiva un popolo. Ed è questa la famiglia che non va discriminata”.
Poi, aggiunge monsignor Paglia, “possono anche individuarsi altri modi di convivenza, applicando ad esempio in Italia l’articolo 2 della Costituzione la quale però – ricorda – all’articolo 29 individua con chiarezza cosa si deve intendere per famiglia. Purtroppo – lamenta – la società sembra votata al culto della egolatria, sul cui altare si è pronti a sacrificare tutto, in nome di un esasperato individualismo”.