Touil, comunità marocchina: perché parlare dei precedenti penali dei fratelli?

“Attenti a non soffiare sull’odio razziale, con associazioni fuori luogo tra marocchini e terroristi”. A parlare all’Adnkronos è Yassine Belkassem, coordinatore della Rete delle Associazioni della Comunità Marocchina in Italia (Racmi), che sul fermo del 22enne Abdel Majid Touil per il sospetto coinvolgimento nell’attentato al museo del Bardo di Tunisi, tiene a chiarire: “Il rischio, con le speculazioni politiche e giornalistiche che hanno cavalcato la vicenda, è che si colpevolizzi la nostra gente per una questione che è ancora tutta da chiarire, causando un aumento degli episodi di razzismo e intolleranza verso la nostra comunità”.

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Una vicenda, quella di Touil, “che rimane da appurare”, continua Belkassem, e sulla quale “a breve, si pronuncerà definitivamente la magistratura”, per la quale però la stampa non ha dimostrato nessun rispetto: “Oggi -continua Belkassem- sui giornali si trovavano ricostruzioni della vita privata del giovane, che non tengono minimamente conto del rispetto della privacy delle persone e della tranquillità della nostra comunità. Si parla di debiti per migliaia di euro come inquilini, contratti dai familiari, precedenti penali dei fratelli e quant’altro, fino ad arrivare alle immagini della stanza nella quale viveva“.

“Questo ragazzo -aggiunge- è arrivato a febbraio in Italia: che colpa ha per quello che avrebbe fatto la sua famiglia?“. Nessun errore però, sottolinea il rappresentate della comunità marocchina, “da parte di forze dell’ordine e magistratura, che hanno solo applicato le regole dei trattati internazionali”.

La forzatura, semmai, arriva da alcuni settori della politica che “soffiano sull’odio, per guadagnare facili consensi”. Si specula sugli stereotipi costruiti su presunte abitudini attribuite alla nostra comunità, “per i quali si racconta che la famiglia di Touil gettava i pannolini dalla finestra o viveva nella sporcizia”. Tutto questo, “per conquistare un voto in più: è una cosa schifosa”.

Bisognerebbe invece ricordare, aggiunge il coordinatore delle associazioni marocchine in Italia, “che anche il nostro Marocco è stato ed è vittima del terrorismo. Proprio nei giorni successivi all’attentato del marzo scorso, ero a Tunisi per partecipare al Social Forum 2015: in quella circostanza -conclude Belkassem- le comunità del Maghreb hanno firmato la dichiarazione del Bardo, nella quale si condanna fermamente il terrorismo e ci si impegna a combatterlo”.