“Profonda preoccupazione” e’ stata espressa dagli Stati Uniti per la sentenza che ha condannato a morte l’ex presidente egiziano Mohamed Morsi ( ingegnere formatosi negli Stati Uniti e leader dei Fratelli musulmani.) e altri 100 detenuti dei Fratelli Musulmani per il ruolo avuto nell’evasione di massa dalle carceri durante la rivolta del 2011 nel paese arabo.
“Ci siamo spesso opposti alle sentenze e ai processi di massa”, ha affermato il Dipartimento di Stato americano, “condotto in un modo non compatibile con lo stato di diritto”.
La sentenza pronunciata dal giudice Shaaban el Shami e trasmessa al Gran Mufti per un parere religioso (ma non vincolante) è ancora appellabile, ma è pesantissima.
Nel 2012 Morsi veniva celebrato dal Time e prometteva al paese libertà e un rilancio economico attraverso i buoni contatti della Fratellanza con il Fondo Monetario Internazionale. Questo non avvenne. Fratelli musulmani e salafiti scrissero una costituzione con una forte impronta islamista. Nacque la rivolta e la gente comunciò a invocare l’esercito, che difatti arrivò e prese il potere emanando poi una costituzione piu’ liberale e avviando davvero un rilancio economico.
Gli Egiziani sono fortunati. Il loro esercito, non essendo sotto il controllo della NATO, puo’ fare qualcosa.