Sanzioni Russia: impatto economico e potenziali conseguenze

Sanzioni Russia: impatto economico e potenziali conseguenze a breve e lungo termine

Tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 si è dibattuto a lungo sulle sanzioni tra la Russia e l’Unione Europea e sui costi economici (oltre che politici). In questo articolo, Tiziana Simonetti (ABC Economics) riassume le conseguenze a breve e a lungo termine del “braccio di ferro” tra Mosca e l’Occidente.

sanzioni

Secondo quanto riporta la Banca d’Italia in un recente bollettino, occorre valutare le conseguenze delle sanzioni sia nel breve che nel lungo periodo.

Sanzioni Russia, impatto su investimenti e consumi

Per quanto riguarda l’immediato si registra un calo negli investimenti e nei consumi. Gli investimenti sono passati da un promettente +1,3% nel 2013 al -4,4% nel 2014 (stima 2015: -4,0%) mentre per quanto riguarda i consumi la contrazione è stata ancor più marcata, variando dal +4,7% nel 2013 al -1,3% nel 2014 (per il 2015 si stima una riduzione del -3,3%), con un deflusso complessivo di capitale di 110-130 miliardi di dollari.

Inflazione e tasso di cambio contro il dollaro

Anche l’inflazione ha fatto da padrone: durante il 2014 la BCR ha incrementato per cinque volte il tasso di interesse, passando dal 5.5% al 10.5%.

Il Rublo ha perso il 40% contro il dollaro statunitense. Le motivazioni della sua discesa sono da ricercarsi nell’abbassamento del prezzo del petrolio, nelle tensioni geo-politiche, nell’elevata domanda di valuta (dollari) e da prospettive incerte relative all’economia russa.

Debito pubblico

In ambito macro-economico, il debito pubblico (dati 2014) è rimasto stabile intorno al 13%. Il bilancio dello Stato, dopo aver fatto registrare un surplus nel primo semestre dell’anno grazie al petrolio e agli energetici, si è riequilibrato nel secondo semestre in seguito alla forte svalutazione del rublo, dinamiche che hanno fatto sì che negli ultimi sei mesi del 2014 l’indebitamento complessivo sia raddoppiato rispetto allo stesso periodo del 2013 (da 1,1% a 2,0%).

La strategia di Mosca

Nelle previsioni di lungo periodo in risposta alle sanzioni, le disposizioni della Russia sono quelle di puntare sui prodotti domestici a scapito di quelli importati dall’estero e di attuare provvedimenti che supportino le aziende più colpite, non tenendo in considerazione l’effetto boomerang causato dalla perdita di competitività soprattutto per quanto riguarda i comparti bancari ed industriali.

Conseguenze ed effetti sull’economia europea

Secondo quanto riporta il portale online di Affari Internazionali, il totale degli scambi commerciali della Russia si è attestato attorno ai 326 miliardi di euro nel 2013. L’Ue ha importato beni e servizi per un valore di circa 206 miliardi di euro, dei quali circa 160 riguardano le importazioni di energia (petrolio e gas). La Russia è il terzo partner commerciale dell’Ue, mentre l’Ue è il primo per Mosca.

Per quanto riguarda gli effetti a breve termine, le sanzioni hanno penalizzato maggiormente i paesi che scambiavano di più – in termini di volume – con la Russia, ossia la Germania (75 miliardi nel 2013), l’Olanda (37 miliardi), l’Italia (30 miliardi) e la Polonia (26 miliardi).

Per contro, Mosca ha deciso di vietare le importazioni di prodotti primari europei, colpendo duramente il settore agroalimentare che storicamente colloca in Russia circa il 10% della produzione, equivalente a circa 11 miliardi all’anno. In risposta alle contro-sanzioni russe, la Commissione europea ha varato alcuni provvedimenti atti a tutelare e sostenere i produttori più colpiti dalle restrizioni.

Alcune buone notizie…

La crisi con la Russia ha anche alcune conseguenze positive per le economie europee. Fra tutte, il calo del prezzo del petrolio – che ha favorito i paesi importatori di greggio come Olanda (25 miliardi nel 2013), Germania (24 miliardi), Italia (17 miliardi) e Polonia (14miliardi) – e l’afflusso di capitali russi verso le banche europee.

Perché le sanzioni non dureranno a lungo

Le conseguenze delle sanzioni a lungo termine non potranno essere né politicamente, né economicamente efficaci a detta di alcuni analisti economici e politici. A differenza di quanto verificatosi in passato, l’interdipendenza economica tra Europa e Russia ha raggiunto un tale livello che il loro effetto nel lungo periodo non potrà che rappresentare un problema sia per l’Europa che per la Russia.

Come riportano Mark Leonard (direttore di ECFR) e Ivan Krastev (Board Member di ECFR e Presidente for Liberal Strategies) in un report pubblicato lo scorso novembre (“The New European Disorder”): “il conflitto in Ucraina ha compromesso irrimediabilmente l’Ordine Europeo venutosi a creare negli anni successivi al crollo del Muro di Berlino, ostacolando così la normalizzazione delle relazioni con la Russia”. Secondo gli autori del dossier: “l’unione europea deve ammettere di aver fallito nel modo in cui ha tentato di relazionarsi con la Russia post-sovietica. L’Europa deve coesistere con il suo potente vicino e può farlo solo collaborando con Mosca sul progetto Euro-Asiatico. L’Unione Euroasiatica non rappresenta certamente la risposta a tutti gli interrogativi, ma potrebbe costituire il punto di partenze di un nuova unione istituzionale europea”.