Mafia islamica: poltrone e veleni nella Grande moschea di Roma

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Guerra al segretario generale uscente della Grande moschea di Roma. Chi lo contesta parla di una “mafia islamica” perché «da 17 anni il centro islamico è gestito in modo poco chiaro». Abdellah Redouane, però, parlando con Il Tempo , si difende e risponde: «È una operazione montata ad arte per screditarmi davanti al consiglio di amministrazione in occasione del rinnovo delle cariche. Qualcuno all’interno del Centro tenta di farmi cadere e butta fango su di me».

Una situazione esplosiva, dunque, che spacca la comunità musulmana della Capitale che frequenta il luogo di culto più grande d’Europa. I veleni e le presunte insoddisfazioni di una lunga reggenza, infatti, si inseriscono proprio nel momento in cui la comunità islamica italiana deve fare fronte alla propaganda dell’Isis che vuole un Islam malato e dal culto ossessivo.

Ieri, durante l’assemblea generale dei soci, un gruppo di persone si è riunito davanti ai cancelli della moschea per chiedere «chiarezza sulla gestione del centro». Sandra Ravà, volontaria che lavora nel sociale, ha partecipato alla manifestazione in supporto dei musulmani che si sono rivolti a lei per denunciare presunte irregolarità nel centro. «Ho ricevuto molte lamentele da parte di alcuni fedeli che vengono qui a pregare – spiega a Il Tempo – perché mi dicono che da 17 anni il centro è gestito sempre da una persona. Non esiste una scuola per bambini che vogliono studiare l’arabo, non è chiaro che fine fanno i soldi delle certificazioni halal e neanche quelli della zakat che si raccolgono per aiutare i bisognosi. Ecco, proprio su questo ultimo aspetto molte famiglie indigenti mi hanno raccontato di essersi rivolte alla moschea per chiedere un aiuto economico che puntualmente gli sarebbe stato negato».

Ravà poi aggiunge: «Vorremmo che la Grande moschea fosse anche un posto aperto a tutti i romani per fare in modo che chiunque voglia conoscere meglio la religione musulmana trovi un luogo in cui confrontarsi». Veleni interni e invidie, però, sembrano essere alla base di questa storia che la volontaria non esita a definire «mafia musulmana. Che esiste – sottolinea ancora – esattamente come Mafia Capitale».

Al momento nessuno degli accusatori di Redoaune si sarebbe rivolto alle forze dell’ordine o in Procura per denunciare i presunti illeciti forse, commenta ancora Ravà, «per paura». Durante la manifestazione di ieri, dunque, i presenti hanno chiesto che la «moschea sia restituita ai musulmani e ai romani». Abdellah Redouane, però, sembra inamovibile. «Io penso – commenta – che ogni gestione può essere contestata, è normale in un paese democratico dove le manifestazioni sono un diritto da rispettare. Sono stato informato della protesta e ho preso tutte le misure necessarie per mettere al sicuro i partecipanti alla riunione, che si è svolta e che era destinata ad approvare il bilancio del Centro e nominare il nuovo Cda».

Rispetto alle accuse che i manifestanti gli hanno lanciato, il segretario uscente si mostra tranquillo e commenta: «Chi gestisce il centro non è il proprietario, ma solo l’esecutivo della politica del Consiglio di amministrazione. Se qualcuno ha qualcosa da contestare può rivolgersi al Cda e chiedere chiarimenti. Sono attaccato da tutte le parti, ma durante la riunione , 25 membri su 29 hanno votato per la mia permanenza all’interno del Cda. Non so ancora se mi ricandido come segretario generale. C’è qualcuno dentro la Grande moschea, però, che vuole screditarmi e gettare fango su di me, ma non c’è riuscito. La manifestazione è stata un flop totale».

Francesca Musacchio