Tangenti Grandi Opere: in manette il manager Incalza, bufera sul ministro Lupi

incalza

 

Dal ‘Sistema gelatinoso’ al ‘Sistema’ e basta. Uno dei mille rivoli dell’indagine sulla Cricca ha portato alla scoperta di quella che la procura di Firenze ritiene fosse la ‘cupola’ che pilotava grandi appalti pubblici in tutta Italia, come quelli legati all’alta velocità, a Expo e pure alle autostrade, come la Salerno-Reggio Calabria.

I protagonisti ‘principali’ di quello che i magistrati hanno ribattezzato ‘Sistema’ sono Ettore Incalza, già capo della Struttura tecnica di missione al ministero delle infrastrutture, e un imprenditore, Stefano Perotti. Entrambi sono stati arrestati. La polemica politica si è concentrata invece sul ministro per le infrastrutture, Maurizio Lupi, sia per il suo “strettissimo legame” con Incalza sia per una vicenda che emerge dall’indagine: Perotti si sarebbe adoperato per trovare un lavoro a suo figlio. Il M5s e i Verdi hanno chiesto le dimissioni del ministro e Sel sembra orientata a fare altrettanto. Ma per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio “è prematuro trarre elementi di colpevolezza per il ministro e il governo”.

La “lotta alla corruzione” è l’arma USA per affermare i propri interessi economici nel mondo

Lupi: non mi dimetto, soffro per mio figlio – Lasciare l’incarico? “No, le dimissioni no. Anche se, per la prima volta, vedendo tirato in ballo ingiustamente mio figlio, mi sono chiesto se il gioco valga la candela”. Così il ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi, in un’intervista a Repubblica in merito alla bufera che lo ha travolto dopo l’inchiesta sulle tangenti per le Grandi opere. “Provo soprattutto l’amarezza di un padre nel vedere il proprio figlio sbattuto in prima pagina come un mostro senza alcuna colpa”. Torna sul Rolex che Stefano Perotti ha regalato al figlio Luca per la Laurea: “l’avesse regalato a me – dice il ministro – non l’avrei accettato”. Lupi si sofferma anche sull’intercettazione in cui aveva minacciato la crisi di governo: “era una battaglia politica, non difendevo la persona”, “ma l’integrità del ministero. Si stava discutendo di legge di Stabilità e del futuro della nuova Struttura tecnica di missione”. “Al telefono con Incalza – racconta Lupi – ho ripetuto quello che avevo detto nelle discussioni politiche”, “dicevo che era un errore togliere al ministero quella struttura, amputandolo di un braccio operativo. Qualora non ci fosse più stata fiducia nel ministro si faceva prima a cambiare ministro, non depotenziando il ministero”. Le intercettazioni sul viceministro alle infrastrutture Riccardo Nencini? “Questo è il limite delle intercettazioni, che non rendono il tono scherzoso delle conversazioni. Io allora conoscevo poco Nencini e Del Basso De Caro”. “Sapendo che erano socialisti come Incalza, lo prendevo in giro”.

Secondo i carabinieri del Ros, coordinati dai pm Luca Turco, Giuseppina Mione e Giulio Monferini, Incalza ‘sceglieva’ gli appaltatori ‘amici’ suggerendo poi loro il nome dei direttori dei lavori, sempre persone riferibili a Perotti. In cambio riceveva compensi per consulenze, come i 500 mila euro ottenuti da una società impegnata nella Av Firenze-Bologna o i 700 mila dati da un’altra ditta a suo genero, Alberto Donati.

I Ros hanno perquisito società in tutta Italia, anche sedi di Rfi e di una controllata dall’Anas. Dei 51 indagati, Incalza e Perotti sono in carcere. Ai domiciliari sono finiti l’imprenditore Francesco Cavallo e Sandro Pacella, collaboratore di Incalza. Fra coloro che non sono destinatari di misure cautelari ci sono gli ex sottosegretari ai trasporti Rocco Girlanda e Antonio Bargone, l’ex deputato Stefano Saglia, poi nel cda di Terna, Vito Bonsignore, ex presidente del gruppo Ppe, e l’ex manager di Expo, Antonio Acerbo. Ognuno di loro, secondo l’accusa, ha avuto un ruolo in appalti pilotati. L’ammontare? In una intercettazione, Perotti spiega che le sue società hanno ricevuto in 10 anni lavori per 25 miliardi di euro. Anche un monsignore (non indagato), l’ex delegato pontificio per la Basilica del Santo a Padova, Francesco Gioia, si sarebbe attivato per sponsorizzare un’impresa per Expo. Il politico più in vista, ovviamente, è Lupi, quale titolare del ministero dove lavorava Incalza.

“Se viene abolita la Struttura Tecnica di Missione – dice il ministro in una telefonata – non c’e’ più il governo!”. Secondo gli inquirenti questa conversazione “ben rappresenta” l’importanza della Struttura tecnica di cui era a capo Incalza. Un altro aspetto riguarda il figlio del ministro, Luca Lupi. Il gip Angelo Pezzuti nell’ordinanza spiega che Perotti si è adoperato con un imprenditore indagato, il cognato Giorgio Mor, per farlo assumere. Dalle carte, però, emergono i dubbi di Mor e Perotti, che temono sia poco opportuno. Secondo il gip, questo atteggiamento “non è comprensibile al di fuori di uno scenario illecito. Nulla può impedire a costoro di assumere le persone che vogliono” salvo che ciò “possa essere immaginato quale corrispettivo di qualche utilità fornita da Maurizio Lupi per il tramite di Ettore Incalza”. C’è anche un’intercettazione in cui uno degli arrestati, Cavallo, “nell’accettare l’invito a casa che gli ha appena formulato il ministro Lupi per il compleanno della moglie – scrive il gip – accenna alla necessità di parlare con Luca Lupi ‘per definire le sue cose'”. Lo stesso Cavallo fece confezionare da un sarto un vestito per Lupi, mentre i coniugi Perotti regalarono al figlio del ministro un Rolex del valore di 10.350 euro. Nelle telefonate, Incalza si attribuisce anche una serie di meriti politici: quello di aver sponsorizzato Riccardo Nencini per la poltrona di viceministro alle infrastrutture e quello di aver scritto “il programma di governo” dell’Ncd. Sono “in attesa del benestare di Angelino Alfano e di Maurizio Lupi”, dice Incalza all’interlocutore. “E’ millantato credito”, ha detto Nencini commentando le parole di Incalza. Lupi ha invece espresso la “massima collaborazione del Governo all’accertamento delle responsabilità” aggiungendo di essere convinto “che in questo Paese si debbano realizzare le grandi opere e che debbano essere realizzate in tempi certi”. Il figlio? “Non ho mai chiesto all’ingegner Perotti né a chicchessia di far lavorare mio figlio. Non è nel mio costume”, ha risposto. Secondo il ministro, comunque, Incalza “era ed è una delle figure tecniche più autorevoli che il nostro Paese abbia”. ANSA