Il ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, ha ricevuto oggi il ministro degli Affari esteri libico, Mohamed al-Dairy. Nel corso dell’incontro, Gentiloni ha ribadito il forte sostegno italiano al dialogo politico facilitato dal rappresentante speciale ONU Bernardino Leon, “unica soluzione possibile alla crisi”.
“Ho sottolineato con il Ministro al-Dairy l’importanza che la delegazione di Tobruk che la prossima settimana parteciperà al dialogo in Marocco, abbia un mandato forte, una composizione adeguata e sia pienamente operativa”, ha dichiarato Gentiloni.”Le divisioni e la sfiducia reciproca tra i principali attori vanno a tutto vantaggio di gruppi terroristici come Daesh, che operano per consolidare la propria presenza in Libia”, ha proseguito Gentiloni, aggiungendo che “condizione cruciale per il successo del dialogo è la realizzazione di un cessate il fuoco rispettato da tutte le parti”.
Il governo di Tobruk dovrebbe quindi dialogare con quello di Tripoli, retto da una joint venture di gruppi e milizie con ascendenze islamiste, sostenuto da Sudan, Qatar e Turchia.
“L’Italia è pronta a sostenere il Governo di unità nazionale”, ha concluso Gentiloni, “giocando un ruolo di primo piano nel monitoraggio del cessate il fuoco, su richiesta delle stesse autorità libiche ed in un quadro giuridico multilaterale”.
L’Italia deve guardarsi bene dal prendere scelte affrettate, premesso che tutti i principali interessi economici, dall’Eni, al gas, fino all’energia sono situati nell’area controllata dagli islamisti di Tripoli, dove governano i rappresentanti del vecchio Parlamento eletto nel primo voto libero del 2012. Al timone del governo, ribattezzato di «salvezza nazionale», c’è Omar al Hassi, vicino ai Fratelli musulmani. L’esecutivo sta in piedi grazie a Fajr Lybia (Alba libica), un cartello di milizie dominato dai 40 mila combattenti di Misurata, terza città del Paese. A sua volta, l’ala islamista di Alba Libica si è scissa in un fronte meno estremista che governa a Misurata, e un altro che è scivolato tra le braccia del Califfato.
In Libia ci sono poi ad esempio anche gli interessi di Francia e Germania, che ovviamente non coincidono con i nostri e neanche tra di loro. La pacificazione è quindi complicata non solo a causa della frammentazione interna, ma anche per le attività straniere installate sul territorio.
Queste le parole di Jason Pack, ricercatore a Cambridge, presidente di Libya-Analysys.com e autore del rapporto sulla situazione in Libia per la Fondazione Tony Blair, citato da Al Jazeera. «Il potere è così frammentato che nessuno può dire chi esercita una vera autorità. Tribù, consigli locali e parlamenti rivali hanno ciascuno una qualche autonomia, ma la loro autorevolezza si fonda sulle canne dei fucili delle rispettive milizie».