John Wight su CounterPunch denuncia l’ipocrisia e il doppiopesismo dell’Occidente a guida USA (col codazzo della Gran Bretagna), che si permette di calpestare autonomia e diritti degli altri popoli in un modo che a nessun altro sarebbe consentito. Il mondo non deve “contenere” la Russia, ma l’imperialismo USA, che ha continuamente bisogno di fomentare instabilità e guerre per riaffermare il suo ruolo di egemone assoluto.
di John Wight, 6 marzo 2015 vocidallestero
È passato poco più di un anno, un anno di crescente crisi in Europa, da quando le proteste di Piazza Maidan a Kiev hanno rovesciato il presidente ucraino Viktor Yanukovych nel febbraio 2014.
Quelle proteste, che vengono considerate dalle popolazioni dell’est dell’Ucraina come l’inizio di un colpo di stato che ha abbattuto il loro governo e calpestato i loro diritti, sono state apertamente e materialmente sostenute dall’Occidente. Si sono viste cose come il senatore USA John McCain –un uomo la cui ricerca di una nuova Guerra del Vietnam non è ancora cessata– viaggiare per il paese a sollecitare personalmente i manifestanti di Kiev in compagnia della britannica Catherine Ashton, rappresentante dell’Unione Europea.
Tendendo questo a mente, provate a immaginare quali reazioni ci sarebbero state se i politici russi avessero viaggiato per il Messico sollecitando un movimento di protesta anti-USA a rovesciare il governo eletto per rimpiazzarlo con uno favorevole alla Russia. E provate a immaginare anche che a capo di questo movimento orientato a rovesciare il governo ci siano personaggi dichiaratamente fascisti e neo-nazisti. Immaginate che reazione ci sarebbe negli Stati Uniti.
Ora abbiamo l’aperta ammissione, da parte di Victoria Nuland del Dipartimento di Stato USA, –un’altra che ha visitato Piazza Maidan durante le proteste–, che gli USA hanno “investito” 5 miliardi di dollari per aiutare l’Ucraina ad assicurarsi un “futuro democratico”, e che lo fanno dal 1991. Abbiamo anche la registrazione di una sua sconcertante conversazione telefonica avuta con l’ambasciatore americano in Ucraina, Geoffrey Pyatt, risalente all’inizio del febbraio 2014, durante la quale i due discutevano di chi avrebbero voluto vedere “designato” come nuovo presidente ucraino, prevedendo l’imminente cacciata di Yanukovych.
C’è qualcuno che crede seriamente, considerato quanto sopra, che gli USA e i loro alleati europei non fossero impegnati in un maligno tentativo di minare e destabilizzare un governo eletto?
La storia dell’Ucraina è inestricabilmente legata a quella della Russia. Specialmente nella parte orientale del paese i legami culturali, etnici, economici e storici sono profondamente radicati. C’è una spaccatura tra l’est e l’ovest, per cui metà dell’Ucraina è favorevole ad avere legami più stretti e fraterni con la Russia, mentre nell’Ucraina occidentale la corrente politica dominante è anti-russa e pro-occidentale.
Richard Sakwa, professore di Russo e di Politica Europea, esamina i due modelli alternativi di Stato, che sono emersi da questa spaccatura, nel suo recente libro “Frontline Ukraine” (IB Taurus, 2015). Sakwa descrive il primo modello come un monismo nazionalista, che comporta l’affermazione di un’identità etnocentrica come base di una rinascita della cultura nazionale e dei valori sociali, seguendo una rigida ed esclusiva linea nazionalista. Il secondo modello di cui parla è un modello pluralista, che prevede un’identità ucraina più inclusiva, che abbraccia i diversi e svariati gruppi etnici e popoli che compongono la nazione, in conseguenza della “lunga storia di Stato frammentato”.
Questi due modelli alternativi di Stato sono stati messi in gioco nell’attuale conflitto ucraino, conflitto che è stato intensificato dalla posta in gioco geopolitica, dato che Washington e i suoi alleati stanno cercando di “contenere” la Russia in una lotta per la continuazione di quell’unipolarità di cui l’Occidente gode da quando è crollata l’Unione Sovietica nel 1991, e a cui si contrappone l’alternativa multipolare che la Russia, da quando sta ri-emergendo come potenza globale, richiede.
Con oltre 5000 morti e più di un milione di sfollati, nel conflitto che ha coinvolto l’Ucraina orientale, la necessità di una soluzione politica è di per sé evidente. Ciononostante, a giudicare dall’intensità con cui l’establishment mediatico e politico britannico sta demonizzando Vladimir Putin e la Russia, è chiaro che l’opzione preferita, per coloro che rifiutano di accettare che l’Impero Britannico non esiste più, è quella di un’intensificazione del conflitto.
Quando non viene addirittura paragonato a Hitler, facendone una caricatura che per ragioni storiche è particolarmente offensiva, il leader russo viene accusato di nutrire l’ambizione di forgiare un “Impero Russo”. Il Segretario alla Difesa britannico, Micheal Fallon, si è recentemente spinto al punto di fare la ridicola affermazione che Putin costituisce una minaccia per l’Europa paragonabile allo Stato Islamico, dando così ulteriore evidenza di quanto la classe politica soffra di un collasso intellettuale.
Il fatto che simili accuse vengano da un paese il cui governo ha giocato un ruolo chiave nel ridurre l’Afghanistan, l’Iraq e la Libia alla condizione di caos in cui si trovano in questi anni, non fa che rendere la sua classe politica ancora più ipocrita se non proprio nociva.
Ma questa non dovrebbe essere una sorpresa, dato che è tutto già successo, no? Ricordate quando il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, veniva ugualmente demonizzato e additato come dittatore? Il suo crimine, nel momento in cui è salito al potere e ci è rimasto col sostegno di diverse elezioni democratiche, era quello di rifiutare che la ricchezza del Venezuela venisse continuamente presa e portata fuori dal paese, come era stato fatto per decenni, da parte di un piccolo gruppo di oligarchi sostenuti dall’Occidente.
La crisi e il conflitto in corso in Ucraina ci ricordano che viviamo in un mondo in cui gli interessi e i diritti dell’Occidente sono gli unici ad essere ritenuti legittimi. Questa visione è ciò che ha guidato i ripetuti tentativi da parte di Washington e dei suoi alleati, specialmente il Regno Unito, di portare avanti un programma di egemonia. Che sia in Medio Oriente o in Europa, è stato proprio questo programma ad essere la radice dell’instabilità e del conflitto che si sta svolgendo proprio ora nell’Ucraina orientale, ed è sempre questa la causa che ha spinto il Medio Oriente nell’abisso delle stragi e della barbarie.
Gli Stati Uniti sono la potenza egemone globale. Con più di 1000 basi militari su tutto il pianeta, con 11 gruppi di portaerei della marina militare, e con un budget militare che supera quello di tutti gli altri paesi industrializzati messi insieme, la sfida che il mondo deve affrontare non è come contenere la Russia, ma come contenere Washington.
Il crimine di Vladimir Putin e della Russia è quello di avere l’ardire di resistere a questo Impero Statunitense, prendendo posizione contro l’ipocrisia, il doppiopesismo, e la totale mancanza di rispetto verso gli altri paesi, le altre culture, e gli altri valori che essi rappresentano. Il tentativo concertato di espandere la NATO, e una Unione Europea sempre più militante, fino ai confini della Russia, non ha niente a che fare con la democrazia, e ha invece molto a che fare con l’espansione di un potere imperiale travestito da democrazia.
Uno dopo l’altro i governi britannici si sono gloriati di attaccarsi dietro al frac di Washington. Non è esagerato dire che quando Washington starnutisce, la Gran Bretagna è pronta col fazzoletto in mano a soffiargli il naso. È solo per una deprecabile e disonorevole relazione con gli USA che il Regno Unito può permettersi di sfilare come fosse una potenza di prim’ordine, quando la realtà è che si qualifica a stento come una potenza di terz’ordine.
Un’escalation del conflitto nell’Ucraina orientale non porta beneficio a nessuno, tantomeno alla Russia. Ma il principio che viene messo in gioco deve essere sostenuto – è il principio di mettere la parola fine a un’Occidente che detta gli ordini al resto del mondo e che in questo modo sparge destabilizzazione anziché stabilità, guerra invece che pace, e caos a scapito del rispetto della legge internazionale. Solo quando i sostenitori del “democratismo”, un’ideologia da non confondere con la democrazia, capiranno che il mondo non è lì per essere controllato da loro, allora ci sarà fine a un’interminabile spirale di conflitti che non mostra segno di placarsi nel prossimo futuro.
Il nemico non è la Russia o Vladimir Putin. Il nemico è l’ipocrisia.