A 70 anni nel 2007 finisce in carcere per tre anni scambiato per un mafioso e tutto per un caso di omonimia. Beniamino Zappia, oggi 77enne, ha avuto l’unica colpa di chiamarsi quasi come un altro sospettato di Mafia, una “svista” atroce dei giudici che ci hanno messo più di mille giorni passati al carcere duro previsto dal 41 bis prima di ricredersi e liberarlo. L’avvocato di Zappia, Luis Eduardo Vaghi, ha annunciato ricorso alla Corte d’Appello di Roma per ingiusta detenzione nella speranza di risarcire almeno economicamente il suo assistito, gli ultimi tre anni di vita però non glieli ridarà nessuno.
L’odissea – L’incubo di Zappia inizia il 22 ottobre 2007 con il blitz dell’Antimafia di Roma nell’operazione Orso Bruno. Zappia viene arrestato, anche se il mafioso al quale la Polizia dava la caccia si chiamava Giuseppe. Lui tenta in tutti i modi di farsi ascoltare, giura fino allo sfinimento che si chiama Beniamino, ma nessuno gli crede. A cominciare dai magistrati che lo indicano come il collegamento tra le cosche di Agrigento e quelle italo-canadesi legate al clan dei fratelli Rizzuto di Montreal.
Nel verbale di arresto gli inquirenti lo descrivono come: “Personaggio storicamente legato all’associazione mafiosa Rizzuto”, di cui: “È da sempre referente in Italia e in particolare a Milano e in Svizzera”. I pm insistono sul fatto che Beniamino Zappia è: “Dedito ad attività delinquenziali”, di lui i Rizzuto si sarebbero serviti per infiltrarsi negli appalti milionari per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina. Insieme a lui, finiscono in carcere altri 18 presunti esponenti del clan italo-canadese dei Rizzuto, mentre Giuseppe Zappia resta libero di andare dove vuole.
Carcere duro – Così Beniamino Zappia, che in passato ha piccoli precedenti penali, finisce nel carcere di San Vittore. In seguito viene trasferito a Roma, Benevento e poi a Secondigliano. Da fine novembre 2008 la pena si inasprisce per Beniamino Zappia e viene rinchiuso col regime del carcere duro, previsto dal 41 bis. L’incubo sembra finire a maggio 2010 quando gli vengono concessi gli arresti domiciliari. La sentenza di assoluzione arriverà solo il 23 novembre 2012, dopo 5 anni dal blitz che lo aveva condotto in carcere. Ora però Beniamino sta aspettando un’altra importante vittoria, un risarcimento per gli ingiusti anni di prigionia. LIBERO