a cura di Stefano Fugazzi (ABC Economics) –
Nell’aprile 2012 il sottoscritto fu uno dei primi commentatori ad azzardare i nomi dei vincitori della cosiddetta crisi del debito sovrano, ipotizzando l’arrivo di investitori cinesi in Europa attratti dai prezzi di “saldo” ai quali sarebbe stato possibile appropriarsi di autentici gioielli oppure di nomi altisonanti. I rumor sulla possibile acquisizione cinese di MPS rientra in questa seconda categoria. Di seguito riproponiamo il mio sopracitato articolo pubblicato ormai tre anni fa sulle pagine di Investire Oggi.
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I VERI VINCITORI DELLA CRISI DEI DEBITI SOVRANI: LE GRANDI BANCHE USA E CINESI
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La crisi dei debiti sovrani e i nuovi requisiti di vigilanza prudenziale favoriranno le grandi banche d’affari USA e (soprattutto) quelle cinesi.
Stefano Fugazzi (Investire Oggi, 10 aprile 2012) – L’ideogramma cinese che indica la parola crisi “wei-ji” è composto da due segni: il primo indica un problema (o un pericolo) mentre l’altro un’opportunità. Secondo la tradizione cinese, ma non solo, una crisi può quindi rappresentare un problema per alcuni, un’opportunità per altri. Nel caso della crisi dei debiti sovrani, c’è chi – e in particolar modo i gruppi bancari meno esposti in titoli di debito europei – sta cogliendo (o coglierà) l’occasione per acquisire nuovi rami d’attività e penetrare i mercati del Vecchio Continente a prezzi di saldo. Lo scenario che si sta delineando non è poi differente da quello che caratterizzò gli anni ‘30 del XX secolo. Non tutti i privati vennero, infatti, colpiti dalla Grande Depressione. I market-maker e le grandi banche d’affari uscirono rafforzati dalla prima crisi sistemica della Storia moderna. Più o meno lo stesso scenario si sta ripetendo oggi. La crisi del debito europea e il rafforzamento dei requisiti di vigilanza bancaria potrebbero, infatti, servire su un piatto d’argento alle grande corporazioni della finanza un copioso numero di opportunità di mercato.
LA CRISI EUROPEA DEI DEBITI SOVRANI E LE RICHIESTE DI RICAPITALIZZAZIONE DELLA EBA
I Paesi maggiormente esposti in titoli di debito ellenici sono Francia (56,7 miliardi di dollari Usa), Germania (33,9) e Regno Unito (14,6). In questa particolare graduatoria le banche e i privati statunitensi si collocano al quarto posto (esposizione complessiva pari a 7,3 miliardi di dollari). Virtualmente nulla è, invece, l’esposizione cinese in Grecia. Discorso analogo per quanto riguarda i debiti italiani e spagnoli.
A penalizzare ulteriormente i gruppi maggiormente esposti in titoli di stato sudeuropei sono i recenti sviluppi sul fronte normativo. Lo scorso dicembre l’Eba – l’autorità bancaria europea – ha imposto a 31 banche europee l’innalzamento del Core Tier 1 Capital al 9% delle attività ponderate per il rischio. Tale coefficiente verrà conseguito attraverso una serie di aumenti di capitale e/o tramite la riduzione delle attività ponderate per il rischio. In un contesto azionario già depresso, difficilmente gli istituti bancari colpiti dalle richieste dell’Eba percorreranno la prima via ossia la collocazione sul mercato di nuove azioni. Il caso-Unicredit d’inizio anno potrebbe, infatti, fungere da deterrente e quindi spingere gli istituti bancari a optare per la dismissione dei rami d’attività più rischiosi e meno redditizi. Tuttavia, non è detto che ciò si verifichi. A mancare sono, infatti, i potenziali acquirenti. È più probabile, invece, che gli istituti maggiormente colpiti dalle richieste dell’autorità bancaria europea mettano sul mercato i gioielli di famiglia ossia lebusiness unit più redditizie. A rigor di logica i potenziali acquirenti dovrebbero essere gli istituti bancari e i fondi d’investimento poco esposti in bond sovrani sudeuropei.
BASILEA 3, LA NORMATIVA BANCARIA CHE FAVORIRÀ I GRANDI GRUPPI BANCARI NON-UE
A dare man forte al trend di dismissione delle attività più sane potrebbe essere anche Basilea 3, la nuova normativa prudenziale che entrerà gradualmente in vigore a partire dal gennaio 2013. I nuovi requisiti imporranno agli istituti segnalanti non solo coefficienti patrimoniali più severi, ma costringeranno gli stessi ad attuare una profonda revisione dei propri business model. Ma se da una parte i grandi gruppi bancari riusciranno comunque ad adempiere ai nuovi requisiti e a uscire quasi indenni dalle future crisi proprio in virtù delle proprie dimensioni e della diversificazione dei propri prodotti, più problematica è la situazione per i piccoli-medi gruppi. Diversi analisti stimano che le piccole banche, proprio perché offrono una gamma di prodotti e attività più limitate, faticheranno a raggiungere i nuovi requisiti patrimoniali e diventeranno facili prede per i gruppi meglio capitalizzati, ovvero le banche d’affari del Nuovo Continente e dell’Estremo Oriente. In modo particolare, a spuntarla potrebbero essere i gruppi cinesi in virtù dei requisiti prudenziali meno severi imposti dalla Banca Popolare Cinese. Basti pensare che nel Paese del Dragone Basilea 2 è ancora in fase d’attuazione in via sperimentale e i nuovi severi requisiti imposti da Basilea 3 verranno introdotti solamente nel 2023