Violenta, pesta e perseguita l’ex moglie diventata “occidentale” e “rapisce” il figlio
E’ la mattina del 27 gennaio quando la Squadra Mobile bussa alla sua porta. In mano gli agenti hanno il provvedimento restrittivo emesso dal Gip di Perugia Giangamboni per il 46enne marocchino che da anni perseguitava l’ex moglie, in tutti modi immaginabili, perché è diventata “occidentale”. D’ora in poi l’uomo dovrà restare a più di 300 metri dalla donna e dal figlio di sei anni e non potrà in alcun modo comunicare con loro. Sarà seguito a vista dalla Polizia e al primo sgarro ci sono le sbarre di Capanne ad attenderlo.
La storia, più nel dettaglio, è quella di un inferno. Un inferno in cui la 30enne si è trovata a lottare per sé e per il proprio figlio. La verità di questa sconcertante storia viene resa nota, per la prima volta, soltanto nel 2012, quando una giovane donna marocchina di poco più di 30 anni, sposata e madre di un bimbo di 6 anni (allora 4 anni), si rivolge alle forze dell’ordine per sporgere querela contro l’ex marito.
Il racconto della donna è un fiume in piena, un romanzo di episodi di violenza, prevaricazione, minacce, umiliazioni subite e terrore, che l’hanno costretta a chiedere il divorzio.
Secondo la ricostruzione fatta dalla donna, il marito, H.B., quarantaseienne marocchino, si è rivelato violento fin dai primi giorni di matrimonio: un’avventura coniugale fatta di sevizie, continue lesioni e violenze sessuali.
Dopo la decisione, presa con coraggio e determinazione, di procedere contro il marito e di mettere fine alla violenza, i problemi si moltiplicano: il marito, non solo cerca in tutti i modi di opporsi alla separazione ed al divorzio dalla moglie, ma continua a minacciarla, a percuoterla, a violentarla.
L’uomo, non solo non vuole perdere la donna che dice di amare, non solo non sopporta l’idea che la stessa un giorno possa legarsi ad un altro uomo: la sua più grande paura è che l’ex moglie diventi una donna “occidentale”.
Dopo il divorzio, la paura aumenta: l’uomo la segue, la pedina con continui appostamenti, ad ogni utile occasione la insulta in pubblico, la diffama davanti a conoscenti ed al telefono con i familiari della donna in Marocco, le invia centinaia di sms alternando insulti, minacce ed espressioni di profondo odio e rancore a “ti amo” e “mi manchi”, oltre a proposte oscene.
Con chiunque parla della ex moglie come di una poco di buono, in quanto divenuta ormai donna “occidentale” e quindi emancipata, e medita e promette vendetta.
Lo scorso aprile 2014, la giovane mamma dimostra ancora più coraggio: per porre ulteriormente fine a questa tragedia, mette il figlioletto al sicuro affidandolo temporaneamente ai suoi familiari in Marocco, e si rivolge ad un centro antiviolenza che le offre protezione ed ospitalità; inoltre, denuncia nuovamente il suo persecutore. Ma l’uomo non si perde d’animo e l’odio lo porta a farsi sentire ancora: approfitta dell’allontanamento del figlio, minacciando la moglie sul bene più prezioso per lei. In sostanza, le promette che, qualora non avesse ritirato le sue querele contro di lui, egli non avrebbe mai acconsentito a dare il suo consenso al rientro in Italia del bambino.
A questo punto, la povera donna è stata costretta a un cedimento, proprio per difendere l’unica cosa per cui aveva sempre lottato, il figlio: lo scorso giugno si è presentata in Questura per rimettere la querela contro l’ex marito. Ha scelto di rivedere il figlio, accettando in cambio di continuare a subire. Nel frattempo, ovviamente, gli insulti, le minacce e le violenze non sono mai finite.
Il “mostro”, ad un certo punto, la segue dappertutto. Persino a Roma, al Lago Trasimeno e dovunque lei decida di recarsi per sentirsi più al sicuro. Una sera, di rientro da Roma, la attende alla Stazione, ovviamente per insultarla ed intimorirla, e per aumentare il suo stato di angoscia le mostra un servizio fotografico dettagliato con il quale l’uomo ha documentato tutta la giornata “fuori porta” della ex moglie, che ormai vive da “occidentale”.
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