“Non congratulatevi con noi. Abbiamo una missione direttamente dall’inferno”, Yanis Varoufakis.
La nuova Grecia di Alexis Tsipras avrà finito i fondi a disposizione ad inizio marzo. In seguito si scateneranno una serie di situazioni che determineranno il default e il ritorno alla dracma, a meno di un improbabile accordo con i creditori europei. Lo scrive Ambrose Evans Pritichard sul Telegraph.
La Grecia deve ripagare 3,4 miliardi di euro al FMI in due rate (febbraio e marzo). E questo in una fase in cui le entrate fiscali sono collassate nel paese, con i greci che hanno iniziatouno sciopero fiscale, scommettendo sulla fine dell’austerità in campagna elettorale. “Ci sono solo 1,9 miliardi di euro nelle casse e il governo nei prossimi giorni ha spese pari a 2,5 miliardi. Qualcuno deve aprire una nuova via di prestito”, ha dichiarato Megan Greene, della Manulife Asset Management intervistata dal Columnist del Telegraph.
I media greci hanno riportato che nelle ultime fasi di campagna elettorale sono fuoriusciti dal paese circa 10 miliardi di capitale, quando è divenuto chiaro che il partito ex leninista di Syriza avrebbe vinto le elezioni. Barclays stima in 20 miliardi il totale da dicembre, circa il 12% del Pil.
La Bce, prosegue Ambrose Evans-Pritchard, è ora ad un bivio: la liquidità necessaria per salvare le banche è ora arrivata a 54 miliardi di euro e continua a crescere. Se Draghi volesse, potrebbe azionare la crisi sistemica del paese immediatamente.
La data di riferimento è comunque il 28 febbraio quando scadrà l’estensione temporanea del programma di aiuti. E l’ultimo atto si avrà a luglio ed agosto quando Atene dovrà restituire 7 miliardi alla Bce. “E’ certo che non possiamo considerare ogni allegerimento per i bond posseduti dalla Bce. E’ legalmente impossibile”, ha ricordato un membro del board della Bce, Benoît Cœuré.
Un banchiere con importanti legami in Grecia intervistato sempre dal Columnist del Telegraph ha dichiarato che la crisi potrebbe avvenire in tempi molto rapidi. “Se non ci sarà un’estensione del bailout, la Gecia rischia il collasso. L’Ue potrebbe dare a Tsipras un altro mese, ma non servirebbe. Gli eventi accelerebbero comunque in modo traumatico”, ha dichiarato.
Nonostante i toni conciliatori utilizzati da Tsipras in campagna elettorale e subito dopo la vittoria, il programma di Syriza è chiaro e prevede il ripudio delle richiese della Troika dal primo giorno di governo. Il nuovo premier vorrebbe indire una conferenza europea sul debito come avvenne nel 1953 a Londra, quando gli ex nemici della seconda guerra mondiale decisero di basare l’Europa su un sentiero diverso: la Germania vide la riduzione del suo debito del 50% (per volere della Grecia).
Oggi la situazione è moto diversa. Il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble, ha ricordato come la Grecia è legalmente vincolata ai suoi impegni. “Ci sono regole, ci sono accordi. Nuove elezioni non cambiano niente”. Inoltre, la decisione di Tsipras di formare un governo di coalizione con la destra anti Memorandum di ANEL piuttosto che il partito centrista di Potami indica chiaramente come Syriza voglia forzare uno scontro con la Troika. Il leader di ANEL, Panos Kammenos, è virulentemente anti-tedesco e descrive il suo paese come una terra occupata dalla dittatura dell’austerità del Quarto Reich.
L’unica politica in comune con ANEL per Syriza è la fine del ripagamento dei 245 miliardi di euro di debiti imposti dalla Troika con una serie di programmi funzionali al ripagamento dei crediti delle banche del Nord Europa. Secondo Dimitris Drakopoulos di Nomura, l’asse Syriza-ANEL è ancora più duro che un governo monocolore del primo. “E i mercati reagiranno a questo inevitabile confronto con l’Europa. La zona euro non si piegherà a Tsipras. Ha troppi interessi in ballo”, ha dichiarato.
La Germania deve ancora digerire il Quantitative Easing, sottolinea Ambrose Evans-Pritchard, e un approccio morbido con Syriza farebbe cadere tutto il castello di carta della strategia dell’austerità imposta in questi anni. Berlino ritiene anche che ci sarebbe un effetto domino poi suPortogallo, Italia e Spagna. “L’Europa deve ora mandare un messaggio chiaro che non è suscettibile al ricatto”, ha dichiarato un riceratore di ZEW a Mannheim, che ha sottolineato come le autorità europee dovrebbero immediatamente lanciare uno stress test sulle banche legate ala Grecia e mandare un messaggio preciso di essere pronte a un default greco, anche se questo dovesse comportare gravi perdite per i contribuenti.
La Cancelliera Angela Merkel ha preferito un basso profilo e ha fatto parlare per lei il premier finalndese Alexander Stubb. “Non concedremo alcun allegerimento ai prestiti concordati. Siamo pronti a discutere estensioni”. Ma Simon Tilford del Centre for European Reform ha chiarito come la crisi del paese sarebbe irreversibile anche con nuove concessioni temporali. “Si tratta solo della prima reazione politica al fallimento storico della crisi della zona euro. Lo stesso accadrà in Spagna e poi in Italia. I partiti dell’establishment sono ampiamente screditati”, ha dichiarato.
Il caso morale della Grecia, sacrificata sull’altare dell’euro, è enorme, conclude Ambrose Evans-Pritchard. In un documento del Fmi del 2010 è emerso come i programmi della Troika servivano solo a comprare tempo per la zona euro, evitare il contagio, non certo aiutare la Grecia. Il paese avrebbe dovuto beneficiare di un allegerimento del debito secondo le regole del caso, ma non è stato fatto per impedire la disoluzione della moneta unica.
Yanis Varoufakis, con ogni probabilità il prossimo ministro delle finanze, ha dichiarato che la Grecia è stata soggetta ad un “water-boarding fiscale”. E il risultato è stato questo: sette anni di depressione, il crollo del Pil del 26%, disoccupazione giovanile che ha toccato un picco del 62%, un debito che ha toccato la cifra del 177% del Pil.
“Non congratulatevi con noi. Abbiamo una missione direttamente dall’inferno”, ha dichiarato Varoufakis.