Mafia, pentito: “ero latitante a casa mia. Nessuno mi ha cercato”

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“Dal 1984 al 1989 ero anch’io latitante e non mi ha cercato mai nessuno. Ed ero a casa mia.
Ero latitante per gli omicidi dei collaboratori”. Cosi’ il collaboratore di giustizia Francesco Paolo Anzelmo, teste al processo per la strage del Rapido 904 del 23 dicembre 1984 di fronte alla Corte d’Assise di Firenze che vede come unico imputato Toto’ Riina, interrogato dalla pm Angela Pietroiusti sulla strategia di Cosa Nostra nel periodo della strage che porto’ alla morte di 17 persone e al ferimento di 267.

“Ho riportato condanne per tanti omicidi – ha aggiunto Anzelmo – i piu’ importanti sono stati quello del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, quello di Rocco Chinnici, poi la strage di via Crocerossa, quella dove mori’ il dottor Ninni Cassara’, la strage della circonvallazione”.

Riferendosi al periodo in cui era latitante, Anzelmo ha aggiunto: “In quel periodo si camminava tranquilli per strada, non come dopo le stragi di Falcone e Borsellino”. Prima della deposizione di Anzelmo, e’ stato sentito come testimone un altro collaboratore di giustizia, Calogero Ganci. Alla domanda della pm Pietroiusti se ritenesse che la strage del Rapido 904 fosse stata opera di Cosa Nostra, Ganci si e’ limitato a rispondere: “Seppi che Calo’ era stato imputato. Ma non ho mai sentito parlare di una strage organizzata da Cosa Nostra. Di solito mio padre qualcosa mi accennava (il padre di Calogero Ganci, Salvatore, era capo mandamento ai tempi dell’attentato, ndr.). Se ci fosse stata una partecipazione di Cosa Nostra a questa strage – ha concluso Ganci – me lo avrebbe accennato”. .