Solo una vera integrazione, fatta di partecipazione politica e di attenzione alla vita reale, può sconfiggere l’estremismo islamico. Lo sostiene in un’intervista ad Aki – Adnkronos International Wael Farouq, docente di lingua e letteratura araba all’Università americana del Cairo e alla Cattolica a Milano. A proposito del rischio di attentati in Italia dopo quelli che hanno sconvolto la Francia, lo studioso sostiene che ”per sconfiggere gli estremisti bisogna dare forza ai cittadini musulmani ordinari. Bisogna guardare alla gente e ai suoi problemi e non al Corano. Bisogna incoraggiarli a partecipare alla vita politica”.
Dicendosi ”molto critico” rispetto al ”concetto moderno di Islam” che ritiene sia ”vuoto di significato” e ”fonte di male” in quanto ”si basa sulla sharia e non sulla ragione, che è alla base della religione musulmana”, Farouq sostiene che in Italia ci sia un tipo di ”laicità sul modello francese” e questo ci espone a un rischio maggiore. ”Esiste una laicità americana, dove il governo ha il dovere di proteggere l’espressione religiosa. E c’è la laicità francese dove il governo deve distruggere il potere religioso – afferma – In Francia non possono essere mostrati in pubblico simboli religiosi e quindi l’integrazione è finta. In Italia si è tolto il presepe da scuola per un offendere i musulmani, ma le scuole cattoliche del Cairo sono piene di musulmani che cercano una buona istruzione e non si sentono certo turbati da un crocifisso”.
Il docente egiziano mette poi in guardia dai ”ghetti” e cita ad esempio ”via Padova a Milano. Quando una società lascia vivere un gruppo religioso ai margini, allora il rischio cresce”. Ma ”l’immigrazione è un fatto geopolitico, non una carità” ed è ”il sistema economico che ci impone l’integrazione, gli immigrati vanno considerati una ricchezza come dimostrano gli Usa: la maggior parte degli americani insigniti dei premi Nobel non è nata in America”.
C’è poi la ”scarsissima partecipazione politica dei musulmani in Italia” e questo rappresenta un rischio che deriva dalla ”sfiducia di queste persone che vengono da Paesi dove il voto è spesso accessorio e la dittatura prevale”. E da qui si va alla ”fonte del problema” che secondo Farouq deriva dalla ”finta modernità imposta con il colonialismo prima e con la dittatura poi”, dove era presente ”tutta la letteratura del liberalismo, con il parlamento e tutte le istituzioni di governo”, ma dove ”la libertà era senza libertà”.
Il problema, quindi, ”non è la modernità, ma la finta modernità e il finto Islam”. Contestando l’Islam moderno, che ritiene ”privo di significato” perché ”si basa sulla sharia e sulla religione”, Farouq riflette su come oggi sia ”più facile affidarsi a una fatwa che pensare. E le milioni di fatwe emesse ogni anno dimostrano un potere degli imam non riconosciuto storicamente” perché ”nell’Islam non c’è chiesa, ma un rapporto diretto tra Dio e l’uomo”.