La rinascita del cinema italiano nelle ultime stagioni passa anche attraverso la straordinaria interpretazione di Maria Rosaria Omaggio nel ruolo di Oriana Fallaci in Walesa – L’uomo della speranza di Andrzej Wajda. Erano anni che un’attrice italiana non si metteva così in evidenza in un film diretto da un maestro del cinema mondiale, talmente colpito dalla meticolosa preparazione e dalla somiglianza della Omaggio con la celebre giornalista da ampliare il ruolo inizialmente previsto in sceneggiatura.
La Cineteca Nazionale festeggia l’attrice nel giorno del suo compleanno con la proiezione del film di Wajda e con un’altra sua indimenticabile interpretazione nel film di Muzzi Loffredo Occhio nero, occhio biondo, occhio felino. Entrambi presentati con successo alla Mostra di Venezia. fondazionecsc.it
ore 18.15 Walesa – L’uomo della speranza di Andrzej Wajda (2013, 127′)
Il primo film sulla vita di Lech Walesa (interpretato da Robert Wieckiewicz), il leader dell’opposizione polacca. Lo sceneggiatore e romanziere Glowacki fu tra gli intellettuali che si unirono nel 1980 al gruppo degli scioperanti, quando nacque il movimento Solidarnosc, e nel 1981 emigrò a New York sulla scia dell’imposizione della legge marziale in Polonia dal suo governo comunista. In quello stesso anno Oriana Fallaci si recò in Polonia per intervistare Walesa, riuscendo con la sua inimitabile arguzia a offrire al mondo pagine di storia.«La vediamo, Oriana Fallaci. Con la sigaretta in bocca, gli occhi chiari e incredibilmente belli, la voce arrochita dal troppo fumo. Aggressiva nelle domande, ma anche pronta a calmarsi, quando sente di addentare una qualche verità. Le mani tese, la fronte corrugata, l’aria di chi ha fretta di arrivare al punto. Un’intervista come se fosse un incontro di boxe, dove uno dei due deve finire al tappeto. Sembra Oriana Fallaci, ti sembra di sentire quell’accento fiorentino scartavetrato da tanti anni, tanti incontri, tanti aerei, tanti hotel. Sembra lei e invece è Maria Rosaria Omaggio, in una performance di mimesi straordinaria, in cui fa percepire quell’ansia nervosa e generosa insieme, quella durezza fragile che era la cifra della giornalista più temuta, più odiata, più rispettata» (Luca Vinci, «Libero»). «Lei è stata semplice, nel senso migliore. Era preparatissima per il ruolo, professionale fino al punto di venire a conoscermi indossando una pelliccia uguale a quella della Fallaci. Aveva studiato ogni suo appunto. Da anziano regista ho conosciuto tanti attori, ma non ho mai visto tanto impegno per impersonare una parte al meglio. Ho pensato d’inserire l’intervista nella trama perché, intervistato da una donna, Lech fu diverso, a tratti esitante, incerto a rispondere, più vero» (Wajda).«Avendo tanto studiato Oriana, mi sono preoccupata di fare emergere la sua personalità contraddittoria. Era la regina degli opposti. Mostrava una femminilità estrema, laccandosi le unghie di rosso acceso e truccando gli occhi. Ma era anche capace di una grande aggressività, che nascondeva la sua solitudine» (Omaggio). L’attrice ha ricevuto per questa sua indimenticabile interpretazione un Premio Pasinetti speciale alla Mostra di Venezia 2013 e il Premio Oriana Fallaci 2014.
ore 21.00 Incontro moderato da Italo Moscati con Maria Rosaria Omaggio, Laura Delli Colli
a seguire Occhio nero, occhio biondo, occhio felino… di Muzzi Loffredo (1983, 92′)
«Film inventato, scritto, costumato, musicato, cantato e diretto la Loffredo, nota cantante folk: un’impresa alla Chaplin che in un Paese ordinato basterebbe da sola a suscitare curiosità. È l’educazione sentimentale (ma non sarebbe meglio dire magica?) di una ragazza di Palermo dall’infanzia al matrimonio. Viene definita dalla suora del collegio “una bambina che vuol far morire la mamma”. E il film racconta tutto l’arco di questo funesto evento, dalla falsa accusa fondata su un temperamento mercuriale (“É la disobbedienza la causa di tutti i tuoi mali”) alla rivolta aperta (“Mi fai schifo! Io non ti voglio!” grida Anna alla madre) e allo sbigottimento quando la morte della mamma nel gran palazzo gattopardesco avviene davvero. Lei oscilla fra il rigorismo controriformista dell’ambiente familiare e le fughe a ritmo martellante da una misteriosa strega ai piedi della montagna. Con la tiritera che comincia “occhio nero occhio biondo occhio felino” la vecchia introduce la bambina nel mondo delle fantasie prenatali, in una serie di favole morbide e crudeli da Mille e una notte. C’è una favola in cui la madre mangia ignara la testa della figlia inviatale dal sultano, affrontata con bella furia gestuale da Maria Rosaria Omaggio, che altrove è una mammina biancovestita e affascinante in stile Amarcord. Morale: il cannibalismo familiare, nella realtà e nella memoria, è una cosa della vita, va preso com’è. Cinema italiano che va da Nostra signora dei Turchi di Carmelo Bene al recente Ybris di Gavino Ledda, Occhio nero occhio biondo occhio felino è uno strano film che vale una visita» (Tullio Kezich). Presentato nella sezione De Sica per le opere prima alla Mostra di Venezia.
Ingresso gratuito