“La peggiore in assoluto, tra tutte le battaglie perse, è quella che si è deciso di non combattere”.
(non mi ricordo più chi l’ha detto)
di Sergio Di Cori Modigliani
Sugli Usa, l’Europa e la questione Monte dei Paschi di Siena.
La vittoria elettorale a valanga della destra repubblicana in Usa, preannunciata e prevista, accelera di molto la fine dell’evo moderno, iniziato nel lontano 1492.
Dallo scontro sociale che in occidente, da oggi in poi, virerà verso una inevitabile radicalizzazione, ne uscirà fuori la genesi del nuovo ordine mondiale.
I pessimisti sostengono, senza alcun dubbio, che entreremo in un nuovo medioevo, precipitando nel periodo più buio della storia, con l’inevitabile schiavizzazione della stragrande maggioranza della popolazione -quantomeno in occidente- assoggettata allo strapotere di quel 10% di megaricchi che controlla e gestisce la ricchezza complessiva.
Gli ottimisti, dal canto loro, pieni di dubbi e di incertezze, sostengono che stiamo andando incontro a un micidiale scontro epocale il cui esito finale, invece, sarà positivo e liberatorio, anche se il costo umano, esistenziale, economico, sociale, sarà molto molto alto.
Entrambi sono d’accordo su un punto, quello nodale: da oggi, la resa dei conti si avvicina.
Chi scrive, appartiene alla esigua pattuglia di ottimisti spudorati e già allucina la visione del nostro futuro prossimo, la vita postmoderna del post-Maya.
L’elezione americana ci propone alcuni dati sui quali riflettere.
I più importanti, a mio avviso, sono i seguenti:
a). Occupywallstreet ha dimostrato, conti alla mano, di essere stata una furibonda (e vincente) forza di opposizione politica all’attuale sistema politico-finanziario. Ha risvegliato gli americani, li ha scossi dal torpore e dal rimbecillimento dell’era Bush, e invece di proporre molteplici (quanto complesse) piattaforme alternative, si è fatto latore -a nome della cittadinanza statunitense- di un unico solido punto, unificante e aggregante di realtà molto diverse e trasversali: l’assoluta necessità di imbavagliare per sempre i colossi della finanza, sottrarre la politica al ruolo subalterno che ha oggi rispetto al mondo della finanza, e da lì ripartire (nel rispetto specifico delle diverse tematiche locali storiche, sia della destra che della sinistra) andando a gestire un nuovo modello di gestione della collettività e dei beni comuni. Una parte del movimento ha stimolato, pungolato, avvertito, allertato Obama e il Partito Democratico, che non avrebbero fatto alcuno sconto perché quella era una battaglia che (come si legge nei loro siti) “non è possibile non combattere pena l’estinzione della società civile come modello di umani liberi, indipendenti e pensanti”. I democratici, invece, nel nome (come sempre) della ragion di Stato, hanno scelto di seguitare a mediare, gestendo un gigantesco compromesso con le banche e la finanza. Il risultato è stato che circa un mese fa i nuclei più attivi e noti del movimento hanno dato l’annuncio fatale che sintetizzava la loro posizione politica: “non ci fidiamo più; quindi, non andremo a votare”.
E’ ciò che si è verificato.
Basterebbe prendere in considerazione i primi dati statistici forniti.
Su 212 milioni di elettori aventi diritto, si sono recati alle urne soltanto 81 milioni, pari al 36,8%. In alcuni stati la percentuale è scesa addirittura al 18%.
I primi sondaggi ci rivelano che di quei 81 milioni il 55% è ricco o molto ricco.
I dati ci spiegano che per il 75% di quei votanti, che vincano i democratici o i repubblicani è irrilevante perché il loro valore primario non è la salute della comunità bensì il danaro.
Il 76% dei giovani dai 16 ai 30 anni non è andato a votare.
La giovanissima America ha definitivamente mandato in pensione la democrazia parlamentare rappresentativa: questo è il primo segnale forte.
I cinque colossi finanziari della nazione hanno investito circa 4 miliardi di euro per finanziare i candidati, su entrambi i fronti (fecero lo stesso con la campagna elettorale di Obama, ndr). Anche negli stati dove hanno vinto i democratici, le persone elette sono tutte al servizio della finanza, che lo sappiano o meno.
Il nuovo Congresso, quindi, non rappresenta più il paese, bensì una ristretta minoranza.
CNN apriva il suo sito on line con l’annuncio “Gli Stati Uniti cambiano sistema di potere”.
Il Wall Street Journal ha usato la stessa identica espressione (sono una etnia pragmatica e diretta) chiarendo che “per fortuna” (secondo loro) la finanza che controlla il mercato planetario adesso avrà le briglie sciolte. Il che vuol dire che aumenteranno le sperequazioni sociali e l’America si avvia verso un periodo di gravi turbolenze sociali.
b). Questo risultato dimostra che il danaro non basta più come leva.
E’ un paradosso, ma è ciò che alimenta il mio cauto ottimismo.
Non bastano più le elemosine. Gli americani hanno incorporato ormai il concetto base per cui la classe politica dirigente (che sia democratica o repubblicana) li tiene in uno stato di sopravvivenza e non intende far evolvere la società andando ad attaccare i privilegi costituiti. Quindi, i “contentini” non funzionano più.
Le borse esultano, la finanza brinda.
Obama pensava che con un’economia in netta ripresa (un pil a +4,6% quest’anno, pari a un incremento della ricchezza interna prodotta di circa +800 miliardi) e una disoccupazione scesa al 5,7% la gente lo avrebbe premiato. E invece no.
I dati ci spiegano che di quegli 800 miliardi, il 92% viene distribuito tra il 9% della popolazione. Quindi, gli americani pensanti (che leggono i dati e hanno informazioni) se ne fregano se il pil va su o va giù e se l’economia tira o non tira: per loro non cambia un bel nulla. Perchè i salari non vengono aumentati e se è vero che la disoccupazione non è un problema, è anche vero che quella che un tempo era la spina dorsale dell’America, quella del grande sogno, la terra delle opportunità per tutti, non esiste più, perchè la classe media è stata abbattuta senza pietà, condannata a sopravvivere ma niente di più.
Gli americani -a differenza di noi- si sono paradossalmente liberati dall’assillo del considerare il danaro come primo valore assoluto dell’esistenza. Hanno preteso di più. Hanno chiesto di più. Hanno voluto di più. Obama non glie lo ha dato. E’ stato quindi identificato come un socio un po’ riottoso della casta. Ma pur sempre un socio.
c). Occupywallstreet aveva avanzato un’unica richiesta negli incontri svoltisi tra il nucleo che compone il management operativo e Joe Biden, il vice-presidente: riapplicare immediatamente il celeberrimo Steagall Act di rooseveltiana memoria mettendo le briglia dello Stato sulla finanza allegra e mandare sotto processo i responsabili della crisi finanziaria del 2008. Obama non è stato in grado di farlo perché ha scelto la strada del compromesso. E il popolo americano lo ha abbandonato sottraendo il proprio credito di fiducia, lasciandolo da solo.
Vedremo subito che cosa accadrà, dipende dalle ambizioni personali di Obama, il quale ha di fronte un’unica scelta: la propria fama o il partito. Se sceglie il consociativismo con un senato in mano ai repubblicani, forse i democratici vinceranno anche le elezioni nel 2016, con una percentuale di votanti calcolata oggi intorno al 25-30% della popolazione, com’era ai primi del ‘900. Se invece fa valere il proprio potere, va allo scontro frontale con il potente senato, correndo il rischio che -se va male- il partito ne esce massacrato insieme a lui.
Sanno già tutti che sceglierà la prima strada, lui è un abilissimo diplomatico e uomo di grande compromesso.
Questo risultato elettorale in Usa è il frutto di una loro trattativa Stato-mafia, nella sua attuale versione aggiornata post-moderna: da una parte il governo centrale, dall’altra chi gestisce la finanza. Le mafie, oggi, qui intese come la consueta forma storica della criminalità organizzata, si sono adattate al nuovo territorio che sono andate a occupare nel 1993 e nel 2008, quando hanno foraggiato la grande finanza in crisi di liquidità e lì si sono fuse in un perfetto amalgama strategico.
Oggi, i veri “terroristi mafiosi” non sono più i picciotti che chiedono il pizzo o gestiscono i traffici di droga spicciola o lo schiavismo prostitutorio. Il vero “terrorismo mafioso” è quello dei consigli di amministrazione dei grossi colossi della finanza e delle banche, che in pancia hanno enormi quantità di bpt (buoni poliennali del tesoro) e quindi possono ricattare lo Stato quando e come vogliono.
Ed è ciò che fanno.
Noi, in Italia, stiamo toccando con mano, in questi giorni, l’assaggio di questa nuova forma di trattativa: si chiama Monte dei Paschi di Siena.
Il management operativo di quella banca è stato condannato da un regolare tribunale italiano a pene detentive che variano da 1 anno e mezzo a 3 anni. E’ stato quindi accertato il principio della loro negligenza ai danni del contribuente.
La banca è sopravvalutata e, in teoria, dovrebbe portare i libri in tribunale e dichiarare fallimento. C’è un problema, però.
Ecco come vedo il neo-terrorismo finanziario: la banca in questione, nel territorio in cui opera e ha operato, è sempre stata un punto di riferimento nella gestione della finanza locale a disposizione della classe politica dirigente. Si è sempre messa a disposizione dello stato centrale riempiendosi la pancia di buoni del tesoro, ne ha diverse decine di miliardi; così facendo ha contribuito ad abbassare il tasso, consentendo allo stato centrale di pagare una cifra più bassa di interessi. E’ ciò che consente a un istituto finanziario di essere identificato come “banca strategica”; quindi, se fallisce, deve vendere i suoi buoni per pagare i debiti, il che comporta un salasso da parte dello Stato. Nei decenni questo giochetto ha sempre funzionato e si sono tenuti bordone a vicenda. Adesso che è arrivata la stretta di una nuova regolamentazione europea, questo giochetto non funziona più.
Esistono quindi due ipotesi:
1. Lo Stato Italiano fa ciò che ha fatto la Gran Bretagna nel 2008, quando si trovò in una situazione analoga, con una loro banca privata che valeva 100 volte di più del Monte dei Paschi, la Royal Bank of Scotland, esposta per ben 400 miliardi di dollari scoperti. Impiegarono un pomeriggio per risolvere la questione: venne nazionalizzata.
2. La banca si affida a capitali freschi sul libero mercato e chiede un breve tempo per risolvere i propri conti. Qui nasce un problema molto serio. Anzi, serissimo.
Perché va da sé che chiunque si presenti al Monte dei Paschi, magari con un bell’assegno da 10 miliardi di euro cash subito e altri 10 di lì a tre mesi, automaticamente diventa proprietario di buoni del tesoro. E uno così tiene per il collo la nazione, non solo. In prospettiva (forse, chi lo sa) che l’Italia possa uscire dall’euro, essendo il Monte dei Paschi uno dei più forti azionisti che detiene il pacchetto di controllo della Banca d’Italia, quello lì sarà tra coloro che stampano moneta. Quindi, chi si prende la banca può ricattare lo Stato come e quando vuole.
A questo bisogna aggiungere il fatto che l’eventuale nuovo proprietario viene ad avere la documentazione ufficiale relativa a tutti i pasticci clandestini della banca che coinvolgono parte della classe politica italiana, quindi potrebbe diventare “oggettivamente” un soggetto politico che siede al tavolo con ministri, sottosegretari, senza che noi lo sappiamo.
Certo, se la nazionalizzano, va sotto stretto controllo giuridico, sia italiano che europeo, ed è finita la pacchia per le clientele.
Ma se non la nazionalizzano, si corre il rischio che finisca nelle mani di chi potrebbe avere come obiettivo quello di ingoiare in un solo boccone il territorio economico nazionale.
Questo è il dilemma attuale.
E questa è la ragione per cui non è la prima notizia in tutti i talk show, in tutti i telegiornali, su tutta la stampa. Meglio non parlarne.
Basterebbe un esempio facile facile per spiegare di che si tratta.
Lunedì scorso nel corso del tg su La7, il buon Mentana, un professionista di lungo corso, da sempre fornito di fonti attendibili, gli dedica ben 15 secondi. Infatti, nel commentare l’ennesima caduta in borsa del titolo aggiunge: … sembra che ci sia un interessamento di una banca cinese che si è fatta sotto dichiarandosi disponibile a entrare versando ben 10 miliardi subito….staremo a vedere.
Fine della notizia senza nessun altro commento.
Il mattino dopo arriva da Hong Kong la conferma della notizia data da Mentana e il titolo riprende quota in borsa.
Qualche ora dopo arriva la Consob, l’ente che gestisce il controllo della borsa, e dichiara di avere avviato una ispezione relativa a certe voci che attribuiscono l’interesse di una banca asiatica per il titolo sospeso per rialzo…la Consob ha avviato una ispezione per controllare la veridicità delle voci nel tentativo di evitare ogni forma di speculazione sul titolo.
Tranne un breve dispaccio dell’Ansa, nessuno ha commentato la notizia.
Lo ha fatto il Wall Street Journal e la stampa internazionale che segue la finanza.
Sembra quasi fatta. Almeno sulla carta.
Si dice addirittura che accordi in tal senso siano stati già siglati un mese fa a Milano quando il presidente della Cina ha incontrato ufficialmente il caro leader.
Se questo avvenisse, si tratterebbe di un massiccio intervento finanziario della Cina dentro i polmoni finanziari della Repubblica Italiana, con il semaforo verde del nostro governo e direi di tutte le forze politiche, visto che mi sembra che nessuno si sia attivato su questa vicenda.
Chi segue i teatri geo-politici ed è bene informato ci rivela che si tratta di una strategia quinquennale della Cina, di cui si discute negli ambienti economici: usare Monte dei Paschi di Siena come cavallo di Troia per poi, una volta ben dentro al territorio, papparsi in un boccone l’intero sistema di infrastrutture del porto di Livorno e poi quello di Genova (magari attraverso la banca ligure Carige). La stessa identica operazione che è andata a buon fine -con tragico silenzio dell’intera Europa- nella disastrata Grecia, sedici mesi fa, quando hanno prima acquistato quattro banche e poi hanno preso, a prezzi di saldo, il 96% delle azioni del porto del Pireo. Si tratta di una vera e propria operazione militare, così deve essere considerata dagli spiriti più sensibili e consapevoli.
Una volta presi i porti italiani, la Cina sarà pronta ad andare all’attacco del porto di Rotterdam, tuttora il più importante porto commerciale del pianeta Terra.
E’ mai possibile, mi chiedo, che di tutto ciò non si discuta ampiamente sui giornali, e non ci sia nessuna forza parlamentare che ha l’ardore patriottico e l’ardire civico di inchiodare Ministero degli Interni, Ministero dell’Economia e Ministero del Tesoro alle loro responsabilità, pretendendo in una interrogazione parlamentare aperta a tutti, che vengano dispiegate sul tavolo tutte le carte relative alla situazione del Monte dei Paschi di Siena?
Ha ragione lo scrittore tedesco: “stiamo dentro la terza guerra mondiale, ma la gente non lo sa”.
Questi sono i nuovi teatri che da oggi, con i colossi finanziari planetari ben sistemati dentro al congresso Usa e un Obama ammanettato, (perché colpevole di reticenza e di eccesso di mediazione compromissoria) noi tutti siamo chiamati a confrontarci.
E’ il vero scenario dello scontro attuale.
Non partecipare a questo spettacolo, vuol dire essersi arresi alla definitiva invasione della Repubblica Italiana senza neppure aver tentato o cercato di combattere.
Da cui, la citazione.