5 nov – Tutto è cominciato con i biglietti non pagati e le liti con il controllore. Poi si è passati all’aggressione agli autisti, agli ubriachi che pretendevano di fare il loro comodo anche nelle ore di punta tra passeggeri attoniti e impauriti. Si è arrivati agli autobus presi prima a bottigliate e poi addirittura a colpi di fucile. Con la gente a bordo.
A quel punto i responsabili di Brescia Mobilità, la società che gestisce i trasporti urbani nella città lombarda, hanno stabilito che la misura era colma e hanno varato la più drastica delle misure: i loro pullman viaggeranno scortati a bordo da guardie armate.
Brescia che decide di trasformare i mezzi pubblici nella diligenza di «Ombre rosse» purtroppo non è un caso isolato: è solo l’ultimo episodio che racconta quale Far West sono divenuti questi luoghi che dovrebbero essere di tutti e invece non sono di nessuno. Anzi, sono posti dove detta legge il più forte e il più violento.
La decisione di «blindare» gli autobus con forme di vigilanza (armata o no) è già stata adottata a Bergamo, a Verona, a Salerno, sui convogli di Trenord (l’azienda che ha in mano i treni pendolari che vanno e vengono da Milano).
Una misura analoga è stata chiesta dai sindacati a Taranto, dove due giorni fa un autista ha subito l’ennesima aggressione, e caldeggiata a Roma dove i dipendenti dell’Atac costretti a farsi medicare in ospedale erano stati 58 nel 2013 e sono diventati 91 nell’anno in corso (dati Federsicurezza).
A Taranto due giorni fa la Cisl ha denunciato una situazione incredibile: spinelli fumati sui bus nelle ore di punta, sedili sradicati e gettati dai finestrini, autisti presi a pugni alla minima reazione. Ma i problemi sono ovunque. E alcuni giorni fa persino un assessore piemontese di Sel ha chiesto corse riservate ai passeggeri rom, considerati i più intolleranti e pericolosi.
Ma come è maturata la decisione di Brescia? «A preoccuparci è stata l’escalation ravvicinata di episodi violenti — spiega Valerio Prignachi, presidente di Brescia Mobilità — e la necessità di fornire risposte. Ne abbiamo discusso a lungo, ci è sembrata la mossa più efficace pensando alla stragrande maggioranza degli utenti che pagano il biglietto».
Dicono che spesso i protagonisti delle aggressioni più violente siano giovanissimi. «Vero. E mi domando se abbiano la consapevolezza di quello che fanno. Trent’anni fa a nessuno sarebbe venuto in mente di prendere a pugni un autista».
La strada su cui si è incamminata Brescia era già stata battuta, come detto, da altre città a Nord e Sud. Tra queste Salerno, dove la linea degli autobus verso Napoli gestita dalla Sita era divenuta teatro di violenze a catena. «Già le prime corse del mattino — racconta il direttore di Sita, Simone Spinosa — sono frequentate da tossicodipendenti. Il tasso di evasione del biglietto è altissimo, se il controllore ne chiede conto si vede mostrare nella migliore delle ipotesi una carta d’identità scaduta. Così abbiamo deciso di mettere a bordo una guardia giurata. Ma abbiamo dovuto fermarci per mancanza di fondi. Vedremo di ricominciare a gennaio».
La presenza di uomini armati ha funzionato come deterrente contro vandali e bulli ma ha anche un suo valore economico. Sui mezzi della Sab, l’azienda pubblica di trasporti di Bergamo, dal 15 settembre a ieri ben 500 passeggeri sono stati pizzicati senza biglietto.
Ma cosa ha trasformato in una palestra di soprusi e danneggiamenti dei luoghi che per antonomasia dovrebbero essere «bene pubblico»?
«Bene pubblico? In Italia purtroppo questo concetto è al livello zero — si rammarica Rocco Ungaro, segretario della Filt Cgil della Lombardia — . Non a caso gli episodi di violenza si concentrano nelle periferie urbane, nei luoghi meno presidiati». «Non voglio giustificare le cause di questo degrado solo con la crisi economica — prosegue il sindacalista — però lo stato in cui versano treni e i bus pubblici in tutto il Paese è eloquente: non inducono certo al rispetto della cosa pubblica».
Claudio Del Frate per “il Corriere della Sera”
Una vittoria nella sconfitta.