1 novembre – Si è rifiutata di celebrare un matrimonio gay in Francia, a Marsiglia, è stata costretta a dimettersi da vicesindaco con delega alla Famiglia e ora dovrà comparire in tribunale. Il “matrimonio per tutti” voluto dal governo Hollande, infatti, non prevede il diritto all’obiezione di coscienza.
La donna non ha voluto sposare Claude e Hélène il 16 agosto scorso e per evitare qualunque tipo di problema alle due donne ha chiesto a un consigliere municipale di sostituirla. Quest’ultimo, però, non aveva i poteri legali per condurre la cerimonia. Sabrina Hout ha poi firmato i documenti civili ma non avendo assistito alla cerimonia è incorsa nel reato di falso in documento amministrativo.
«SONO MUSULMANA PRATICANTE». Il sindaco socialista Samia Ghali, venuta a conoscenza dell’accaduto, ha informato il procuratore della Repubblica, che il 24 settembre ha aperto un’inchiesta che porterà all’annullamento del matrimonio per mancanza dei requisiti legali. Il 20 ottobre, invece, il sindaco ha ritirato a Sabrina la delega alla Famiglia.
Secondo due consiglieri comunali, pur essendo «desolata», «non se la sentiva di celebrare un matrimonio omosessuale perché non compatibile con la sua religione: l’islam». Sabrina Hout, per evitare speculazioni, è intervenuta così: «Ho problemi personali. Non sono omofoba, ma sono una musulmana praticante».
«NON BASTA IL RICHIAMO». La vicenda, scrive il Le Figaro, potrebbe chiudersi con un semplice «richiamo» all’ex vicesindaco, che dovrà comparire il 5 novembre davanti al giudice. Ma le due donne, Claude e Hélène, vogliono «andare fino in fondo» e denunciare Hout, «che deve pagare per quello che ha fatto. Un semplice richiamo non basta, è inammissibile».