16 ott. – L’Organizzazione mondiale della Sanita’ (Oms) ha ridimensionato il rischio di una diffusione di ebola in Occidente, spiegando che e’ improbabile un’epidemia del virus in Europa o Stati Uniti, dove i sistemi sanitari sono strutturati ed efficienti. Intanto, pero’, cresce l’allarme internazionale per un’epidemia che sembra essere stata sottovalutata.
Negli Usa -dove Barack Obama continua a cancellare gli impegni per rimanere alla Casa Bianca a coordinare la risposta all’emergenza- la reazione ai primi casi ha mostrato diverse falle. Il presidente continua a invocare “una risposta piu’ aggressiva”, ma si e’ saputo che la seconda infermiera contagiata e’ salita su un aereo quando aveva gia’ qualche linea di febbre. Amber Vinson aveva volato da Cleveland a Dallas lunedi’, il giorno prima che le venisse diagnosticato il micidiale virus.
La donna aveva gia’ un’alterazione della temperatura (37,5 gradi), anche se inferiore alla soglia di 38 gradi indicata dal Cdc (il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie di Atlanta) come ‘semaforo rosso’ per un viaggiatore. In questo modo riusci’ a imbarcarsi. Le probabilita’ che gli altri passeggeri a bordo, 132 in tutto, siano stati contagiati sono molto basse, ha assicurato il direttore dei Cdc, Thomas Frieden, perche’ comunque a bordo la Vinson non vomito’, ne’ sanguinava, ma la donna non avrebbe dovuto essere a bordo.
Oggi a Bruxelles si riuniscono i ministri della Sanita’ dell’Ue per decidere le contromisure: probabilmente screening rafforzati agli aeroporti e magari anche l’invio di truppe nei Paesi colpiti. Il ministro Beatrice Lorenzin vorrebbe aumentare controlli in uscita negli aeroporti dell’Africa occidentale con un sistema di certificazione indipendente (ora invece i protocolli dell’Oms si basano sull’autocertificazione); e anche creare un sistema per rintracciare i viaggiatori, compresi quelli che non hanno sintomi, in uscita dagli aeroporti.
Oggi al Congresso americano ci sara’ un’audizione dei responsabili sanitari coinvolti nell’emergenza ebola tra cui Daniel Varga, direttore clinico del consorzio sanitario a cui appartiene l’ospedale Presbiteriano di Dallas in cui fu curato il ‘paziente zero’, Thomas Duncan. Varga ha gia’ preannunciato che fara’ autocritica per le falle nella sicurezza dello staff. Quanto all’Africa occidentale, la situazione legata all’epidemia e’ sempre piu’ cupa: la Liberia ha richiesto altri 85mila sacchi per cadaveri, tanti prevede che ne serviranno nei prossimi sei mesi.