I poveri di Roma vivono in roulotte: trattateci almeno come i Rom, dateci un campo

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14 ottobre – Antonio Terenzi è convinto mentre lo dice, la sua non è una provocazione, lo pensa davvero: «Trattateci almeno come i rom, non chiediamo una casa, dateci un campo attrezzato, è tutto quello che chiediamo. Perché a loro sì e a noi no?».

Non è nemmeno uno sfogo, da tempo Antonio non chiede altro per sé e per la sua compagna e lo chiede a voce ancora più alta ora che su quelli che come lui vivono in una roulotte nelle strade della capitale pende la minaccia dello sgombero. Originario della provincia di Roma, manovale precario nei cantieri quando i cantieri davano lavoro, dopo anni di notti sul binario uno della stazione Ostiense, da qualche tempo vive in una roulotte.

C’è chi impazzirebbe, Antonio non desidera altro che restare lì con la compagna malata di diabete, il volto semiparalizzato da un ictus e le continue crisi di panico. «Non posso lasciarla mai da sola», racconta. È lui ad assisterla giorno e notte come nessun altro riuscirebbe. Persino una specie di lavoro è riuscito a crearsi vendendo il ferro che ormai vengono a scaricargli davanti alla roulotte. Tutto sarebbe perfetto se sulla sua vita non pendesse la minaccia dello sgombero: molto probabilmente vorrebbe dire finire in strada o essere separato dalla compagna. E, quindi, Antonio chiede, per favore, di essere trattato «come i rom».

Sono centinaia a vivere cosi nelle strade della capitale: italiani, stranieri, malati, disabili, persone finite ai margini del mondo ma almeno un gradino più in su dell’abisso di chi ha solo un ponte come casa. Sono riusciti a mettere da parte duemila euro per acquistare una roulotte o hanno avuto dei volontari che li hanno aiutati a procurarsene una e a trovare un posto tranquillo dove parcheggiarla e provare a sopravvivere come possono.

Sono una folla ed è difficile che passino inosservati: ognuno di loro stende i vestiti ad asciugare sui marciapiedi, cucina in strada e fa i propri bisogni dove capita. Sono uno dei tanti motivi di degrado della capitale, ma per anni hanno vissuto in modo pacifico con gli altri abitanti del quartiere e, pur di non affrontare il problema, le amministrazioni hanno lasciato correre. La guerra è iniziata quando la scorsa primavera un senzatetto che abitava in una roulotte, ubriaco e con precedenti penali, ha ucciso un ragazzo che aveva parcheggiato vicino a lui alle tre di notte con la musica a volume molto alto. I primi sgomberi sono partiti subito dopo. E il popolo delle roulottes trema.

«Se uno ha sbagliato, perché dobbiamo pagare noi che viviamo così da anni circondati dall’affetto e dall’aiuto di tutti?», si chiede Vincenzo, 60 anni, tre operazioni al cuore e due bypass.«Siamo noi gli aggrediti ogni notte», racconta Matteo, romeno, che non ha più le gambe per camminare. Da qualche tempo, infatti, la casella postale del sindaco si sta riempiendo di lettere firmate da decine di associazioni di volontariato e da assessori e presidenti dei Municipi della Capitale. Tutti chiedono ad Ignazio Marino di fare attenzione: sgomberi sì ma solo se ci sono le alternative.

Flavia Amabile per la stampa