Sbarchi, le Asl denunciano: “nessun test sanitario e nessuna sicurezza”

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19 settembre – Ragusa – Impossibile fare una diagnosi sulle condizioni degli immigrati appena sbarcati. Lo denuncia un documento dell’Area di Igiene sanità pubblica del presidio di Porto Empedocle (Agrigento), tra le zone siciliane maggiormente flagellate dal continuo flusso migratorio che assalta le nostre coste. A preoccupare le forze dell’ordine è il fatto che stiamo parlando della certificazione di idoneità sanitaria che permette l’immissione degli extracomunitari nei centri di accoglienza.

In pratica un pass senza il quale l’immigrato non può iniziare il suo percorso in Italia, fatto di varie tappe, prima tra tutte proprio l’ospitalità in un centro d’accoglienza.

«Non è possibile raccogliere dati anamnestici in assenza di interprete – si legge nel documento – e non essendo possibile effettuare esami di laboratorio o strumentali non si escludono patologie di carattere trasmissivo o diffusivo che siano in fase di incubazione o quiescenza». La frase successiva, che dovrebbe servire da rassicurazione sull’assenza di malattie nel gruppo di stranieri appena sbarcati e sottoposti a controllo sanitario, desta invece profondo «sconcerto», come evidenzia il segretario generale del Siap (Sindacato italiano appartenenti polizia), Giuseppe Tiani, il primo ad avere tra le mani il famigerato modulo di certificazione. È stato proprio lui a sollevare la questione, che appare quantomai seria e grave. «Non si rilevano segni o sintomi riferibili a malattie cutanee o diffusive allo stato florido», recita infatti una frase del documento, come se l’unico modo per individuare un’eventuale malattia, fosse il vedere a occhio nudo una bolla, un’irritazione o una pustola.

«Quello che leggo è sconcertante – va giù duro Tiani – smentisce quanto affermato dalle autorità sul tema della sicurezza sanitaria legata agli sbarchi umanitari di immigrati. Le nostre preoccupazioni, espresse in più occasioni, in merito alla salute degli operatori delle forze dell’ordine erano più che mai fondate e legittime. Non si possono esporre gli agenti, i volontari, le loro famiglie, il territorio in generale a pericoli di questo tipo». Monta, quindi, la preoccupazione che anche le forze dell’ordine non siano tutelate adeguatamente dal punto di vista sanitario. E ora il timore degli interessati di contrarre malattie, alla luce dei fatti sembra fondato.

Risale solo ad agosto il braccio di ferro tra ministero dell’Interno, per il quale non c’erano poliziotti contagiati e sindacati di polizia, che affermavano invece il contrario. Il Consap denunciava appena pochi giorni fa che 40 agenti erano cutipositivi al test di Mantoux e significa che avevano avuto un contatto pregresso con il microrganismo della Tbc. Assotutela, invece, promuoveva una class action contro il ministero per omessi controlli sanitari.

Poco tempo fa il 90 per cento dei poliziotti assegnati a uno sbarco di 500 immigrati si è dato malato. «I colleghi non si sentono tutelati – aveva spiegato il Consap -. Hanno paura per loro e le famiglie». Ma il ministero della Salute aveva ribattuto puntando sulla validità dei controlli. «Abbiamo attivato da aprile le procedure necessarie in porti e aeroporti per esaminare casi potenzialmente a rischio – replicava il ministro Beatrice Lorenzin -. A terra c’è controllo per individuare persone con sintomi». Ma sono parole che non calmano gli agenti. «I controlli vanno perfezionati – dicono – date le modalità previste nella certificazione di idoneità sanitaria».

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