13 settembre – A poche ore dall’arrivo al Cairo del segretario di Stato Usa, John Kerry, atteso oggi proveniente dalla Turchia, le autorita’ egiziane hanno respinto l’ipotesi di una partecipazione armata alle iniziative per contrastare l’avanzato dei miliziani dello Stato islamico (Is) in Iraq.
Inviare truppe al di fuori dei confini nazionali richiede procedure legali e costituzionali, hanno detto fonti governative al quotidiano “al-Masry al-Youm”. Inoltre, l’esercito nazionale e’ impegnato a combattere il terrorismo interno e a difendere i confini. Kerry, nel corso della sua visita, incontrera’ l’omologo egiziano Sameh Shoukry e il segretario generale della Lega araba Nabil a-Arabi.
L’obiettivo degli incontri e’ espandere il consenso nei confronti della coalizione impegnata a contrastar l’Esercito islamico. Tuttavia, hanno sottolineato fonti della Lega araba citate dal quotidiano egiziano, Washington non ha fornito ancora alcuna legittimazione politica alla coalizione.
Anche la Turchia ha specificato che non sara’ coinvolta direttamente negli attacchi della coalizione internazionale contro lo Stato islamico, ma mettera’ a disposizione le sue basi solo per “ragioni umanitarie”. Lo ha ribadito ieri ad Ankara il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, dopo il suo incontro con Kerry. Kerry ieri ha avuto anche un incontro a porte chiuse con il presidente Recep Tayyip Erdogan, ma non sono emerse indiscrezioni sull’esito dei colloqui, tranne la conferma che i due paesi proseguiranno la collaborazione a sostegno dell’opposizione siriana. Gia’ nei giorni scorsi, prima della conferenza di Gedda nella quale e’ nata la coalizione destinata a contrastare lo Stto islamico, un funzionario militare di Ankara aveva annunciato che la Turchia non e’ disposta a partecipare attivamente ai raid stranieri in Iraq.
“Le nostre basi militari forniranno solo sostegno logistico e umanitario”, aveva detto la fonte militare turca, dopo che lo stato maggiore della difesa aveva autorizzato alcuni giorni fa la base aerea di Batman, nel sud-est della Turchia, a ricevere un F-15 statunitense per un atterraggio d’emergenza, dando poi disposizioni alla base di Incirlik, co-gestita dalle forze Nato nella provincia di Adana, perche’ ospitasse un gruppo di esperti militari Usa. Washington sta comunque cercando di vincere le resistenze della Turchia: “i governi sunniti in Medio Oriente hanno un ruolo importante nella guerra contro lo Stato islamico – ha affermato il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, in riferimento alla matrice sunnita del partito di governo turco Giustizia e sviluppo -. E’ per questo che il segretario (alla Difesa Chuck) Hagel, il segretario (di Stato John) Kerry e lo stesso presidente Obama, che ha incontrato il presidente (Recep Tayyip) Erdogan a margine del vertice della Nato la scorsa settimana, sono impegnati nel tentativo di assicurare il coinvolgimento di quei governi nella grande coalizione internazionale”.
Le basi turche, inoltre, offrono una posizione strategica, anche perche’ i miliziani dello Stato islamico controllano larghe aree dell’Iraq e del nord della Siria al confine con la Turchia. La decisione di Ankara di non prendere parte attiva ai bombardamenti, confermata da Cavusoglu, potrebbe rappresentare quindi anche un “ostacolo logistico” per la campagna militare Usa, come avvenne nel 2003, quando all’ultimo momento l’allora premier turco Erdogan respinse la richiesta di Washington di usare le basi aeree della Turchia per colpire l’Iraq di Saddam Hussein. Nello stesso anno Ankara rifiuto’ di ospitare le truppe Usa nel nord del paese prima che entrassero in Iraq, una decisione che porto’ a una lunga crisi nei rapporti tra le due nazioni alleate. agi