L’imam e l’odio per Souadi Sbai. Intrigo sulla «nostra» Jihad

Usama-el-Santawy

 

1 SETT – Chi non abbraccia la jihad è nemico dell’Islam e come tale va punito, soprattutto se l’attacco al fondamentalismo arriva da musulmani che vivono in Italia. È la filosofia di alcuni leader religiosi, imam, che vivono nel nostro Paese e che portano avanti l’ideologia radicale. Nel mirino di questi personaggi sono finite, negli anni, persone che pur essendo di origini arabe, credono e combattono per un Islam moderato e partecipativo, quindi non estremista.

È il caso di Souadi Sbai, ex parlamentare del Pdl e ora presidente dell’associazione «Donne marocchine in Italia». La donna è rimasta vittima di una vicenda dai contorni agghiaccianti e che, per certi aspetti, resta avvolta nel mistero. Su un blog appaiono foto in cui, l’allora parlamentare, era ritratta con una benda nera sugli occhi, e sopra la scritta «una che ha tutti gli spazi che vuole e che è una nemica dei musulmani». Sotto, poi, appariva una mitraglietta usata dai jihadisti e un’altra foto il volto della Sbai con una fascetta nera sulla gola. Una simbologia molto chiara, dunque, che indicava un bersaglio da colpire.

Il caso finisce in tribunale ma Usama El Santawy, il predicatore tornato in queste ore di moda per aver esaltato quanti dall’Italia partono per la guerra santa in Siria, indicato da Souadi Sbai come responsabile della pubblicazione di quelle immagini, non viene condannato perchè il blog in questione – a leggere la sentenza – non era riconducibile in maniera «ultra precisa» alla persona indicata nella denuncia, bensì alla moglie di questi. L’intestatario del blog, inoltre, non essendo espressamente citato nella denuncia, non ha consentito al giudice di esprimersi circa un suo coinvolgimento nella vicenda. Le foto sono state subito rimosse dal web, ma resta il precedente di una terribile minaccia.

Nonostante l’onorevole abbia presentato una interrogazione parlamentare per attirare l’attenzione su un soggetto (a suo dire) pericoloso per la collettività, l’imam in questione, ad oggi, rimane sul territorio italiano libero di professare la sua fede e manifestare le sue simpatie per la jihad.

Nell’interrogazione ad Alfano spiegava come «esistano un’infinità di luoghi definiti “moschee fai da te”, ovvero garage o scantinati adibiti luoghi di culto; non esiste un censimento ufficiale di tali luoghi; non esiste un controllo sulle attività ivi praticate; spesso in questi luoghi alberga l’insegnamento e la propaganda di un Islam radicale ed estremista, primo focolaio del terrorismo; una delle tante è quella di Cinisello Balsamo denominata Iqraa e gestita da Usama El Santawy; questo personaggio ha ripetutamente minacciato online e di persona non solo semplici cittadini ma anche esponenti politici e del giornalismo, come testimoniano i giornali e le cronache giudiziarie; tale centro islamico, o «moschea fai da te», non è soggetta a controllo alcuno sui contenuti dei sermoni e delle lezioni che al suo interno si tengono; frequentano tale centro anche ragazzi giovani delle seconde generazioni che rischiano di finire in una trappola di stampo estremistico-terrorista: come il Governo intenda procedere in relazione a questa vicenda».

La Sbai chiedeva se il Governo intendesse «porre in essere verifiche su questa e ad altre «moschee fai da te». Usama el Santawy, oggi vive a Milano ed è il presidente della comunità islamica di Cinisello Balsamo. Uno degli esponenti più importanti del salafismo autoctono che predica in tv e che non nasconde le sue idee sulla guerra in Siria.

Al Fatto quotidiano el Santawy parla dei combattenti volontari che dall’Italia raggiungono i teatri di guerra Mediorientali, spiegando che «sono da onorare, anche se oggi dicendo queste parole sembra di giustificare il terrorismo, invece no, dobbiamo fare dei passi indietro, capire che ci sono persone che soffrono realmente, non solo in Siria». E poi l’imam rincara la dose: «Ogni anno seguo personalmente circa 20 persone, che vogliono convertirsi all’Islam». Non un personaggio controverso, dunque, bensì uno che ha un ruolo e un carattere all’interno dell’Islam italiano.

In passato, in un video pubblicato su Youtube e oggi non disponibile, el Santawy faceva proselitismo nella stazione di Milano mentre vendeva libri con una bancarella. Lo stesso Lorenzo Vidino, nel volume «Il Jihadismo autoctono in Italia», lo inquadra «al centro della nascente scena salafita autoctona in Italia».

Ma la sua attività non finisce qui. Se per la presunta responsabilità di quelle foto apparse sul web, e che minacciavano di morte Souadi Sbai, è stato considerato non colpevole, sull’attuale blog sua firma, compaiono post dal contenuto discutibile. «Oggi ci sono musulmani in Italia che quando parlano dicono “il nostro governo”, “il nostro Presidente” o addirittura pensare che l’esercito italiano sia “il nostro esercito” – si legge – quando nessuno dei tre ci fila come comunità e ci trattano da schiavi portatori di benefici. Nel ventunesimo secolo possiamo dire che esistono musulmani da giardino e musulmani da campo».

Francesca Musacchio  IL TEMPO