Io, Fabrizio e ancora L’Iraq
di Salvatore Stefio, sequestrato in Iraq nel 2004 con Cupertino, Agliana e Quattrocchi (ucciso) – il tempo
24 agosto – Ancora l’Iraq, ancora sequestri e sangue. Ancora quell’incubo del 2004 che ritorna. Stavolta i terroristi sunniti del Califfato Islamico, prima di decapitare il loro ostaggio, hanno mandato un’email ai familiari del giornalista James Foley e per conoscenza agli Usa. Tra l’altro, scrivevano: «Vi abbiamo lasciati soli dopo la vostra vergognosa sconfitta in Iraq, non abbiamo attaccato i vostri cittadini mentre stavate tranquilli a casa, nonostante avessimo la capacità di farlo». Ecco, questo dovrebbe far capire che la minaccia terroristica è concreta, multidirezionale, e che non riguarda solo gli americani. Faccio questa considerazione perché l’Italia ha già ricevuto una minaccia diretta, quando poco dopo la fondazione del Califfato, Roma venne dichiarata come uno degli obiettivi. Stiamo dunque parlando di una precisa volontà d’azione, che potrebbe investire parecchi Paesi, generando un profondo senso di insicurezza. Questo tipo di strategia, a mio avviso, si sviluppa in tre direzioni.
Innanzitutto, con azioni volte a generare terrore attraverso attentati nei Paesi designati. Poi azioni volte a diffondere l’immagine del terrore attraverso brutali esecuzioni e, infine, con azioni militari di espansione territoriale, per la conquista di determinati aree o interi Paesi. Un copione noto, ma riveduto e corretto. La strategia è quindi chiara, a prescindere dai mezzi utilizzati, e punta all’espansione del Califfato Islamico, in chiave imperialista. Intelligence e apparati di sicurezza fanno sicuramente il massimo per fronteggiare la minaccia ma ho forti dubbi che la popolazione italiana sia veramente preparata al peggio, e questo per me è un punto a sfavore.
Non voglio fare allarmismo, ma deve esserci la consapevolezza che questo nemico è forte, determinato, capace, intelligente. E spietato. Non si tratta di assumere un atteggiamento di isterismo collettivo, catalogando l’intero Islam come terrorista, anche perché di fatto molti stessi sunniti, ma in maggioranza gli sciiti, stanno attualmente combattendo il Califfato in Siria, in Iraq e in Libia. Non dimentichiamo anche che i cristiani fanno la loro parte in questo conflitto. Dalla mia esperienza personale, avendo conosciuto l’estremismo durante la prigionia in Iraq nel 2004 dove perse la vita il nostro amico e collega Fabrizio Quattrocchi, e continuando a studiarlo, posso permettermi di analizzare questi fenomeni con un particolare punto di vista, direi «privilegiato».
Ecco perché temo che l’avanzata territoriale del Califfato possa giungere fino a noi, trovandoci impreparati, magari sfruttando i più integralisti «in sonno» da anni. Occorre aumentare i controlli, rimandare i tagli alle forze dell’ordine, magari istituire un Corpo Volontario di Difesa Civile Territoriale, con compiti di sorveglianza capillare e intervento a supporto delle forze armate. Meglio prevenire che poi piangerci addosso. Per una volta dimostriamoci all’altezza.