20 ago. – L’osservatore permanente presso le agenzie dell’Onu, arcivescovo Silvano Maria Tomasi, risponde indirettamente al ministro degli interni italiano Angelino Alfano sul rischio che gli immigrati portino via il lavoro agli italiani, e lo fa – nel contesto di una critica all’insensibilita’ e indifferenza dell’Unione Europea – proprio ricordando “l’evidenza della necessita’ di mano d’opera e di rafforzamento demografico che i paesi europei hanno hanno per mantenere un’economia efficace e influenza politica”. “In questa situazione – dice monsignor Tomasi alla Radio Vaticana – fare degli emigrati il capro espiatorio di frustrazioni sociali e strumentalizzarli per obiettivi elettorali diventa una strategia, un meccanismo poco onesto che favorisce la paura dell’altro e il pregiudizio”.
Per la Santa Sede, che attraverso il suo rappresentante a Ginevra chiama in causa l’Onu a tutela di chi fugge dalle guerre e dalla miseria, (Onu: la più grande associazione a delinquere del mondo?) la “gran parte” degli immigrati in arrivo dalle altre sponde del Mediterraneo “sono rifugiati che hanno diritto di asilo, ad un’accoglienza che deve essere coordinata con l’Unione Europea”.
“Mi pare che anzitutto si debba chiamare con il nome giusto queste persone che fuggono dalla violenza, dall’oppressione e da situazioni che mettono la loro vita in pericolo”, spiega Tomasi ricordando che “La solidarieta’ non puo’ essere solo una teoria”. L’arcivescovo critica cosi’ l’Unione Europea per aver negato gli aiuti all’Italia per far fronte all’arrivo di nuovi immigrati ma mette in guardia anche dalle strumentalizzazioni politiche di queste vicende, il cui risultato, denuncia monsignor Tomasi, “e’ la riduzione dell’immigrato a persona di seconda classe. (Nuoro: la spuntano i migranti: dalla campagna torneranno in città. In aereo) Ci si focalizza sulla funzione economica dell’immigrato senza dare priorita’ al fatto che e’ una persona con un volto, un sorriso, delle aspirazioni come ogni altro essere umano”.
Per il rappresentante vaticano, “il primo passo” da compiere e’ “l’applicazione coerente delle regole gia’ concordate, il rispetto degli strumenti di protezione in vigore, per esempio, le convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e, anche per i paesi ricchi, l’accettazione della Convenzione Internazionale sulla Protezione dei Lavoratori Migranti e delle loro Famiglie approvata dalle Nazioni Unite nel 1990 ed entrata in vigore alcuni anni piu’ tardi”. “Provvedere – cioe’ – a canali legali per l’arrivo di rifugiati e migranti indispensabili per l’economia dei paesi sviluppati e l’applicazione dei diritti umani sono misure che possono migliorare subito la governance delle migrazioni”.
Ed e’ necessario – conclude Tomasi ringraziando l’alto commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (100mila clandestini arrivati, Unhcr (ONU): fornire ammissione sulla base di sponsor privati) per la decisione di affrontare il prossimo dicembre nel suo Dialogo internazionale la questione della protezione in mare – che se ne occupi l’Onu perche’ “il fenomeno e’ globale e tocca i ‘boat people’ che tentano di entrare in Australia, i latinoamericani che attraversano il deserto dell’Arizona, gli haitiani che si imbarcano verso la Florida. La risposta ai tentativi disperati di tante persone forzate a lasciare la loro terra non e’ un’ulteriore rafforzamento dei controlli o addirittura la militarizzazione dei confini, politiche che spingono i migranti a muoversi su cammini piu’ pericolosi o ad affidarsi a mercanti di carne umana”. (AGI) .