Ravenna, 19 luglio 2014 – IL CASO fece consumare non poco inchiostro: un nonno, che se ne andava a spasso lungo la battigia con la nipotina di 3 anni e raccoglieva in un secchiello le cozze portate a riva dalla mareggiata, si ritrovò indagato a piede libero per resistenza a pubblico ufficiale per aver reagito a una contestazione della Capitaneria di porto.
Per i ‘poliziotti del mare’, infatti, l’uomo aveva «pescato» cozze in area riservata alla balneazione. Così, con la denuncia a piede libero, era scattato anche un verbale amministrativo. All’inizio del 2012 la sanzione era stata annullata dal giudice di pace; per la resistenza a pubblico ufficiale, invece, ieri l’uomo é stato condannato a 4 mesi di reclusione, con pena sospesa.
I FATTI risalgono al 30 luglio 2009. Protagonista della sconcertante vicenda fu un imprenditore allora 71enne, Augusto Alessandri, originario di Castiglione di Cervia, domiciliato a Bologna e residente a Milano Marittima. Da vari decenni Alessandri frequenta il bagno Dario ed era lì, quella mattina, che camminava avanti e indietro con la nipotina, raccogliendo i molluschi arrivati a riva. Erano intervenuti tre uomini della Capitaneria, che gli avevano contestato la violazione dell’ordinanza balneare regionale numero 1 del 2009, che vieta «l’esercizio di qualsiasi tipo di pesca nella fascia di mare riservata alla balneazione». Quando gli venne detto che la sua attività di «pesca» avrebbe comportato un verbale da cento a mille euro,l’imprenditore reagì verbalmente con incredulità. Quando invece i militari della Capitaneria, uno da una parte e uno dall’altra, lo accompagnarono al Comando, si fece prendere dal nervosismo e oppose resistenza, peraltrosenza provocare lesioni di alcun genere.
«Mio padre li ha mandati a quel paese — ebbe a dire al Carlino Alessia Alessandri — ma solo quando si é sentito prendere di forza per le braccia. Lo hanno portato via di peso, mentre la bimba piangeva e chiamava il nonno». Per la Capitaneria, l’imprenditore aveva «reagito con minacce e resistenza a un controllo. L’ordinanza balneare vieta qualsiasi attività collegata alla pesca. Raccolta e pesca hanno la stessa finalità, cioé quella di prelevare organismi marini. La raccolta fino a 300 metri dalla riva é vietata anche per questioni igienico-sanitarie». Il verbale parlava di «un chilo di mitili allo stato vivo»; per Alessandri, le cozze nel secchiello non erano più di 15-20.
A febbraio 2012 il giudice di pace Anna Maria Venturelli aveva annullato il verbale amministrativo,precisando che «con il termine ‘pescare’ si intende l’attività volta a cercare di catturare pesci» o molluschi «usando attrezzature. Nel caso in esame, nel tratto di mare dove veniva effettuata la contestazione al ricorrente non vi sono rocce nè substrati duri e pertanto i mitili che vengono rinvenuti si trovano nella sabbia in quanto strappati agli scogli a causa delle mareggiate. Il ricorrente si è limitato a raccogliere i mitili così giunti sulla battigia certamente non usando attrezzature, condizione senza la quale non può propriamente parlarsi di ‘pescare’».
RESTAVA in piedi la vicenda penale, innescata da quella denuncia per resistenza a pubblico ufficiale. Il processo si é celebrato davanti al giudice Agnese Cicchetti che, come già accennato, ha condannato Alessandri a 4 mesi di reclusione, con pena sospesa. Pm onorario Simona Bandini. L’imputato era difeso dall’avvocato Fulvio Toschi di Bologna.
Resto del Carlino 18 luglio 2014