Il cinema racconta l’immigrazione

Immigrazione

Andrea Corrado e Igo Mariottini
Cinema e autori sulle tracce delle migrazioni
Casa editrice Ediesse

Cinema e migrazioni sono apparsi in Italia più o meno nello stesso periodo. Nei primi anni del Novecento schermi e pellicole si moltiplicavano nelle città e nei paesi, con visioni e sogni destinati sia all’aristocrazia intellettuale sia al popolo. Nel frattempo, l’emigrazione offriva altri sogni e visioni, ma solo in determinate aree della penisola, dove le condizioni di vita spingevano un numero crescente di persone a imbarcarsi per terre straniere e lontane, in cerca di pane e futuro. Da allora, storie e immagini di migranti hanno attraversato il cinema italiano in un rapporto spesso discontinuo, a volte controverso, ma sempre ricco.
Tra cronaca e finzione, spunti di riflessione e magia dei fotogrammi, il volume percorre le tappe di questo rapporto, con una panoramica sui film italiani che hanno raccontato le migrazioni e i loro protagonisti. Dagli italiani in partenza di Pane e cioccolata e di Nuovomondo, agli esodi interni da Sud a Nord di Rocco e i suoi fratelli e di Napoletani a Milano, con un breve viaggio nella «migrazione da ridere» di tante commedie, da Alberto Sordi di Bello, onesto, emigrato Australia… a Paolo Villaggio di Sistemo l’America e torno. Per chiudere il cerchio con i titoli degli ultimi venti anni, che portano anche sul grande schermo la dilagante e problematica presenza di cittadini stranieri nel nostro paese. Loro come noi un secolo fa, costretti a lasciare la propria terra, in cerca di pane e futuro.


INTERVISTA AD ANDREA CORRADO ED IGOR MARIOTTINI, LUNEDI’ 21 LUGLIO 2014

Con sorpresa si scopre che il cinema del nostro paese ha dedicato un numero veramente considerevole di film all’argomento dell’emigrazione/immigrazione…
Nel nostro libro abbiamo individuato centotrenta film. Tuttavia, è fondamentale specificare che non tutti i film trattati affrontano direttamente il tema dell’emigrazione. Solo alcuni di questi sono costruiti e pensati attorno al problema dell’emigrazione; altri, ad esempio, affrontano il tema solo marginalmente, ma questo non diminuisce in alcun modo la loro importanza. Anzi, in alcuni casi lavorare con testi che non affrontavano direttamente un argomento così complesso ci ha permesso di isolare elementi estremamente significativi per la nostra ricerca.
A questo proposito è interessante notare che l’argomento riemerge spesso, anche indirettamente e apparentemente fuori contesto.

Come cambiano le modalità e i toni con cui il cinema italiano rappresenta l’emigrazione/immigrazione dai suoi albori (il periodo muto) ai giorni nostri?
Il cambiamento viaggia insieme alla trasformazione dei registri espressivi e stilistici del nostro cinema, a loro volta sintesi complessa di numerose istanze, politiche e culturali, che si danno battaglia all’interno dell’immagine cinematografica stessa. Durante il ventennio, ad esempio, il fenomeno, che in linea di massima era visto negativamente, poteva essere accostato all’incompletezza e alla necessità/obbligo del ritorno per ritrovare la propria identità e dunque il proprio posto all’interno della società italiana. In proposito pensiamo a Passaporto rosso di Guido Brignone. Con l’affrancamento del “realismo” come fatto testuale, intorno agli anni quaranta, il nostro cinema ha guadagnato uno strumento espressivo incisivo che sarà determinante per la rappresentazione del fenomeno.

Quali sono alcuni titoli particolarmente significativi? Dal punto di vista della storia, o delle riflessioni che suscitano…
Oltre ad un gruppo di titoli popolari e certamente significativi –Il cammino della speranza di Pietro Germi, Napoletani a Milano di Eduardo De Filippo, Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, Pane e cioccolata di Franco Brusati, Bello onesto emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata di Luigi Zampa- esistono film meno conosciuti ma estremamente importanti per capire come il cinema italiano abbia raccontato i fenomeni migratori. Molti di questi film, più o meno sconosciuti al grande pubblico, spesso affrontano il tema anche solo marginalmente, Tuttavia, il loro contributo è di grande importanza perché riescono a intrecciare nuove reti di significato per i racconti cinematografici di emigrazione. Pensiamo in particolare a Due milioni per un sorriso di Carlo Borghesio e Mario Soldati che racconta dell’importanza che il dispositivo cinematografico ricopre nell’immaginario dell’emigrante.

Ci sono differenze significative fra le rappresentazioni dei registi del sud del Paese e quelli del Nord?
Difficile sostenerlo. Certamente il luogo di nascita può rendere sensibili ad alcune tematiche ma una risposta esaustiva dovrebbe tener conto di tutti i fattori che possono influenzare un autore: ad esempio il rapporto con le altre figure autoriali e le altre opere. Certo è che in alcuni casi il dato biografico è veramente importante, gli autori in fondo cercano di descrivere realtà a loro conosciute…

Oltre alla speranza di un cambiamento, la medaglia dell’emigrazione/immigrazione ha anche una faccia negativa, quella del razzismo… quando e in che maniera questo aspetto comincia ad inserirsi all’interno della rappresentazione cinematografica?
La rappresentazione dell’Altro è sempre estremamente problematica e in qualche modo “instabile”.
Il problema della descrizione del razzismo è estremamente complesso e ambiguo, di conseguenza risulta veramente difficile sintetizzare in poche righe il rapporto tra questo fenomeno e il nostro cinema, in particolare nei film che raccontano storie di emigrazione.
Certamente il fenomeno è presente sin dai primi film sull’argomento ed è interessante notare che questo tipo di rappresentazioni si modificano a seconda dei contesti sociali di riferimento.

Il cinema del nostro paese, però, non è ancora riuscito a sganciarsi completamente un punto di vista prettamente nazionale e “documentaristico” della rappresentazione cinematografica dell’emigrazione/immigrazione, come invece è già avvenuto in altri paesi d’Europa…
Il cinema registra inesorabilmente tutti cambiamenti che avvengono in una determinata società.
In questo senso è un vero e proprio specchio a cui si può attingere per cercare tutti i segni necessari alla comprensione di una determinata realtà. Le immagini utilizzate da una cinematografia sono storicamente e politicamente determinate. Ogni cinematografia nazionale “restituisce” la propria storia, che è evidentemente anche una storia dei modelli estetici di quel determinato contesto socio-politico.