22 giu. – Superano i 9 milioni le persone in difficolta’ in Italia. Ai ‘semplici’ disoccupati vanno aggiunte ampie fasce di lavoratori, ma con condizioni precarie o economicamente deboli che estendono la platea degli italiani in crisi. Il totale dell’area di disagio sociale, calcolata dal Centro studi Unimpresa sulla base dei dati Istat, comprende 9,39 milioni di persone. Un’enorme area: ai 3,4 milioni di persone disoccupate, bisogna sommare anzitutto i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time (652mila persone) sia quelli a orario pieno (1,44 milioni); vanno poi considerati i lavoratori autonomi part time (847mila), i collaboratori (368mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,5 milioni). Questo gruppo di persone occupate – ma con prospettive incerte circa la stabilita’ dell’impiego o con retribuzioni contenute – ammonta complessivamente a 5,9 milioni di unita’.
Secondo Unimpresa: “Il deterioramento del mercato del lavoro non ha come conseguenza la sola espulsione degli occupati, ma anche la mancata stabilizzazione dei lavoratori precari e il crescere dei contratti atipici. Di qui l’estendersi del bacino dei “deboli”. Il dato sui 9,39 milioni di persone e’ relativo al primo trimestre del 2014 e complessivamente risulta in aumento dell’1,8% rispetto al primo trimestre del 2013, quando l’asticella si era fermata a 9,22 milioni di unita’: in un anno quindi 198mila persone sono entrate nell’area di disagio sociale.
Nel primo trimestre dello scorso anno i disoccupati erano in totale 3,27 milioni: 1,79 milioni di ex occupati, 647mila ex inattivi e 833mila in cerca di prima occupazione. A marzo 2014 i disoccupati risultano in aumento del 6,5% rispetto all’anno precedente (+212mila persone). In calo gli inattivi: -22mila unita’ (-3,4%) da 647mila a 625mila. In aumento di 107mila unita’ gli ex occupati da 1,79 milioni a 1,90 milioni (+6,0%)”.
Per Unimpresa: “Salgono anche le persone in cerca di prima occupazione, in aumento di 127mila unita’ da 833mila a 960mila (+7,9%). In lieve calo, invece, il dato degli occupati in difficolta’: erano 5,95 milioni a marzo 2013 e sono risultati 5,90 milioni a marzo scorso. Un apparente restrizione dell’area di difficolta’ che, invece, rappresenta un’ulteriore spia della grave situazione in cui versa l’economia italiana: anche le forme meno stabili di impiego e quelle retribuite meno pagano il conto della recessione. E’ evidente infatti uno spostamento delle persone dalla fascia degli occupati deboli a quella dei disoccupati. I contratti a temine part time sono aumentati di mille unita’ da 651mila a 652mila (+0,2%), mentre i contratti a termine full time sono scesi di 67mila unita’ da 1,51 milioni a 1,44 milioni (-4,4%). Calano anche i contratti di collaborazione (-21mila unita’) da 389mila a 368mila (-5,4%).
Risultano invece in aumento sia i contratti a tempo indeterminato part time (+1,3%) da 2,56 milioni a 2,59 milioni (+33mila) sia gli autonomi part time (+1 ,2%) da 837mila a 847mila (+10mila)”. “Il governo di Matteo Renzi deve prendere decisioni importanti: servono misure che consentano a imprese e famiglie di avere risorse per guardare con fiducia al futuro – commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi -. “Per noi la persona e la famiglia sono centrali da sempre, perche’ riteniamo che siano il cuore dell’impresa. Bisogna poi considerare che l’enorme disagio sociale che abbiamo fotografato ha conseguenze enormi nel ciclo economico: piu’ di 9 milioni di persone sono in difficolta’ e questo vuol dire che spenderanno meno, tireranno la cinghia per cercare di arrivare a fine mese. Tutto cio’ con effetti negativi sui consumi, quindi sulla produzione e sui conti delle imprese”. (AGI) .