21 giugno – Con fretta sospetta, ieri Laura Boldrini si è precipitata a separare i suoi destini da quelli del partito che non solo la ha portata in Parlamento, ma la ha anche proposta come presidente della Camera a Pier Luigi Bersani (una scelta che il Pd non perdona al suo precedente leader).
Si dice molto «dispiaciuta» per la scissione di Sel, la Boldrini. Ma fa capire che non sono fatti suoi: «Io mi sono presentata alle elezioni come indipendente – spiega – e il secondo giorno che ero lì sono stata eletta presidente. Non ho partecipato al dibattito di Sel e al fatto che si sia arrivati a questa decisione».
Peraltro, precisa, come presidente della Camera «non devo avere un marchio di appartenenza, tanto più che sono un’indipendente. Mi spiace che in Sel ci sia stato questo strappo, ma non è che questa situazione mi rende orfana». Bye bye Nichi, che tempo fa aveva persino pensato a lei come futuro leader della sinistra non Pd: la Boldrini non ha alcuna intenzione di immischiarsi nei guai di Sel. Ci tiene a preservare la sua immagine super-partes, soprattutto da quando Giorgio Napolitano ha rotto il tabù e auspicato che il suo futuro successore sia «una donna». Lei, che non solo è donna ma (grazie a Vendola e Bersani) è anche la terza carica dello Stato, un pensierino ce lo ha fatto.
A spingerla a giocare questa ardita partita, dicono le malelingue di Montecitorio, ci sarebbe anche il segretario generale della Camera Ugo Zampetti, mentore della Boldrini nei meandri del Palazzo, il cui sogno è quello di coronare la propria carriera di grand commis (il suo mandato, dopo 15 anni, scade a fine 2014) al Quirinale. Sogno che già gli è sfuggito un anno fa, quando venne affossato il candidato che lo avrebbe portato con sé al Colle, Franco Marini.
Di qui la cura ossessiva della propria immagine (vedi il brain storming di Titignano cui ha invitato come consulenti Gad Lerner e altri «esperti») e l’assiduo presenzialismo politico della presidente. Anche se resta un grosso ostacolo sul suo cammino, come spiega un dirigente parlamentare del Pd: «Se sarà questo Parlamento ad eleggere il nuovo capo dello Stato, non credo che la Boldrini troverebbe molti voti: né da Fi, né dai grillini che la vedono come la peste, e tanto meno da noi». […] il giornale
Dovesse accadere rinuncio alla cittadinanza Italiana.
Che il prossimo Presidente della Repubblica possa essere una donna, può essere auspicabile. Rimane l’incognita del rivestire la carica di “capo delle Forze Armate”, incognita comunque patita da molti Presidenti della Repubblica; è una prerogativa che dovrebbe essere rimossa costituzionalmente, chiedere che i Presidenti della Repubblica abbiano adempiuto agli obblighi di leva o, vice versa, togliere la prerogativa ai civili e consegnarla all’Ufficiale Generale Capo di Stato Maggiore.