Obama: “Le forze Usa non torneranno a combattere in Iraq. Maliki ceda il potere”

obama19 giugno – Mentre diversi aerei da combattimento Usa F-18, secondo quanto riferisce l’emittente americana ‘Fox News’, hanno iniziato a condurre voli sull’Iraq, dalla Casa Bianca parla Barack Obama. Gli Stati Uniti sono pronti per “azioni militari mirate e precise” contro gli estremisti sunniti, “se e quando la situazione sul terreno lo richiede” ma “le forze americane non torneranno a combattere in Iraq” ha detto il presidente Usa.

Per aiutare le forze irachene, nella formazione e nella consulenza, gli Usa sono pertanto pronti ad inviare fino a 300 consiglieri militari nel Paese.

Strategia politica – Sul tavolo dell’amministrazione Obama anche la strategia politica, ovvero quella di un nuovo governo iracheno senza Nouri al Maliki, nella convinzione che il premier sciita non possa guidare la riconciliazione con la minoranza sunnita e tentare di stabilizzare la situazione ormai precipitata.

Una politica del doppio binario che da una parte non esclude eventuali raid ma dall’altra sceglie il pressing su Maliki affinché ceda il potere ad un governo di unità nazionale. Anche se ovviamente non vi sono conferme ufficiali del fatto che la Casa Bianca sta chiedendo le dimissioni di Maliki, viene invece confermato l’impegno per la ricerca di un governo di unità nazionale.

Joe Biden – Il vice presidente Joe Biden ha parlato al telefono non solo con Maliki, ma anche con il suo avversario sunnita, il presidente del Parlamento Osama al Nujafi, e con Masoud Barzani, presidente del Kurdistan iracheno, sottolineando a tutti la necessità di una risposta unitaria alle minacce dell’Isil.

L’Iran, intanto, esclude una “cooperazione” con gli Usa per fronteggiare l’avanzata jihadista. “Una cooperazione tra Iran e Usa non ci sarà mai e non ha senso” ha assicurato il capo di Stato maggiore delle forze armate della Repubblica islamica, il generale Hassan Firouzabadi.

Un parlamentare iracheno della coalizione che fa capo al premier Maliki, parlando con Aki-Adnkronos International, ha dichiarato che l’Iraq “non ha alcun bisogno di sostegno militare dall’estero, né da parte dell’Iran e né da parte degli Stati Uniti. Accogliamo invece con favore – ha detto Khaled al-Asadi – tutti gli iracheni volontari che stanno affluendo da tutto il Paese” per combattere contro gli estremisti sunniti.

Jihadisti e lealisti si continuano a dare battaglia sul terreno. L’esercito iracheno ha annunciato sulla tv di stato di tenere sotto controllo la raffineria di petrolio di Baiji, da giorni sotto l’assedio dei militanti dell’Isil. L’impianto è completamente sotto il controllo delle forze governative, che hanno “bloccato tutti i tentativi dei terroristi di colpirla”.

Offensiva delle forze armate anche nella provincia di Diyala dove sono state bombardate le postazioni dell’Isil: 18 jihadisti sono stati uccisi mentre diversi sono stati feriti. Ma la notizia che preoccupa, stando a quanto scrive il ‘Wall Street Journal’, che cita funzionari del Dipartimento di Stato Usa, è che gli estremisti sunniti hanno occupato quello che un tempo era il principale impianto per la produzione di armi chimiche di Saddam Hussein, nel quale si trova ancora oggi un deposito di materiale ‘proibito’.

Quanto all’evacuazione in atto in alcune delle principali compagnie petrolifere occidentali, il presidente dell’Eni Emma Marcegaglia ha detto che “per il momento manteniamo le nostre persone. La situazione in Iraq è complessa ma il punto peggiore è lontano dai nostri impianti. Non abbiamo ritirato nessuno. Teniamo – ha aggiunto – la situazione sotto controllo”.