17 giugno – Tutto lascia presagire che si stanno creando le condizioni per una nuova grande crisi. La volatilità dei mercati è ai minimi, i tassi di interesse pure, le borse volano cosi anche i corsi delle obbligazioni. L’economista di UBS, George Magnus, ha scritto che l’attuale calma dei mercati assomiglia a quella che precedette il 2007 e che poi condusse alla crisi finanziaria dell’autunno del 2008. L’economista francese Jacques Attali ha scritto il 26 maggio sul settimanale L’Express che è probabile che l’anno prossimo scoppi la peggiore crisi finanziaria di tutti tempi, che avrà conseguenze molto dure soprattutto in Europa. Come mai queste manifestazioni di pessimismo?
I motivi sono molto semplici: l’andamento dei mercati finanziari è determinato dalle politiche espansionistiche delle banche centrali e non è giustificato dall’andamento dell’economia reale né in Europa né negli Stati Uniti. Gli interventi delle banche centrali sono inutili, poiché – come diceva John Maynard Keynes, “il cavallo non beve”. Infatti nella zona euro il volume dei crediti bancari sta diminuendo e l’economia sta scivolando in deflazione. Le iniezioni di liquidità delle banche centrali servono unicamente a sostenere il sistema bancario e i mercati finanziari. Infatti la quantità di strumenti finanziari in circolazione (che un tempo venivano definiti titoli tossici) è sensibilmente aumentata ed è superiore, stando alla BRI di Basilea, a quella del 2007/2008. Lo stato di salute delle banche (soprattutto in Europa) è molto precario. Il debito pubblico di molti Paesi europei è in continuo aumento e dovrà essere ristrutturato. E infine la distribuzione dei redditi nei Paesi occidentali è sempre maggiormente ineguale. Insomma, sono trascorsi cinque anni dall’ultima crisi finanziaria e i fondamentali dell’economia sono ulteriormente peggiorati e l’attuale calma non deve essere motivo di gioia ma di preoccupazione.
E’ bene che i risparmiatori e tutti i cittadini sappiano che la prossima crisi avrà un decorso ben diverso da quella dell’autunno del 2008. Allora le banche centrali e i Governi intervennero per salvare il sistema finanziario. Oggi invece alla cassa saranno chiamati i risparmiatori. Questo percorso (poco noto) è stato approvato sia dalle autorità europee sia da quelle svizzere. Si chiama “bail-in”. In buona sostanza, si ripeterà quanto sperimentato a Cipro nell’ultima crisi, in cui il fallimento delle banche è stato pagato dai detentori dei titoli obbligazionari delle banche, dagli azionisti e attraverso una “tosatura” enorme dei depositi dei clienti, che superano i 100mila franchi o i 100mila euro. In pratica vi sarà un saccheggio dei risparmi per evitare i fallimenti bancari e una ristrutturazione dei debiti pubblici con un’ulteriore tosatura dei risparmi. Il mondo corre verso questo approdo che farà piombare l’economia europea e probabilmente anche l’economia americana in una deflazione simile a quella degli Anni Trenta dell’anno scorso. Tutto sembra indicare che questa è l’approdo cui ci stanno conducendo i Mario Draghi, i Matteo Renzi e le Angela Merkel.
C’è ancora modo di evitare questo esito? Il salvataggio sarebbe un immediato intervento per dividere le attività commerciali (crediti, retail banking) delle banche da quelle speculative. Un intervento rapido di questo genere non verrà fatto e, quindi, sarà difficile che questa corsa verso il disastro venga arrestata. Infatti nella situazione attuale basterebbe un aumento imprevisto dei tassi di interesse per mettere in mostra quanto è fragile l’attuale castello di carte finanziario. Ed è per questo che le banche centrali intervengono per evitare che si creino situazioni impreviste che potrebbero innescare reazioni a catena.
Insomma, dopo aver devastato l’economia il settore finanziario si appresta a saccheggiare i nostri risparmi. Si salvi chi può.