Liberisti di destra, di centro e di “sinistra” contro la specie umana. L’ascesa del capitalismo dei disastri. Con la lettura di questo libro potrete capire qual è il vero ruolo degli organismi internazionali quali Banca mondiale, FMI e magari anche BCE
“Tutto ha origine da due personaggi che non a caso l’autrice definisce “dottor shock”: il primo è un illustre medico scozzese-americano, Donald Ewen Cameron, l’inventore della terapia elettroconvulsiva (meglio nota come elettroshock). Cameron era convinto che cancellando la mente umana (renderla una “tabula rasa”) e ricostruendola con opportuni insegnamenti, era possibile curare molte malattie psichiatriche. Per aumentare l’effetto “tabula rasa” Cameron studiò molte altre tecniche, come la deprivazione sensoriale, l’assenza di sonno, l’induzione della paura, l’uso di stupefacenti come l’LSD. Non è un caso che i suoi studi interessarono molto la CIA, che finanziò tutta la ricerca di Cameron (opportunamente spostata alla Allan Memorial Institute della McGill University di Montreal, Canada). E non è un caso che il risultato degli studi di Cameron siano confluiti in un documento riservato (recentemente desecretato) della stessa agenzia, un vero e proprio “manuale” di “tecniche di conduzione degli interrogatori”, ovvero di tortura.
Il secondo personaggio è Milton Friedman, economista americano premio Nobel nel 1976 per l’economia. Liberista convinto è stato più volte definito l’anti-Keynes, per il suo rifiuto verso qualsiasi intervento dello Stato nell’economia ed il suo sostegno convinto a favore del libero mercato e della politica del laissez-faire: punti cardine del suo modello teorico sono le privatizzazioni (lo Stato non deve avere il controllo diretto della produzione, nè erogare servizi di alcun tipo), l’abbattimento del costo del lavoro (licenziamenti, precarizzazione, niente sindacalizzazione), la massima libertà di movimento dei capitali (finanziarizzazione spinta a livello globale). Il “mantra” della teoria liberista è che il mercato è in grado di autoregolarsi da sè se non intervengono forze esterne a cercare di controllarlo come, appunto, le politiche protezionistiche e/o assistenzialistiche degli stati.
Nemico giurato del liberismo friedmaniano non era tanto il socialismo reale dei paesi comunisti, che pure non era così ben visto, ma la cosiddetta “terza via” dei paesi in via di sviluppo (ovvero, il sud del mondo, Africa, Asia, Sud America), un mix tra socialismo e capitalismo dove lo Stato, nella maggior parte dei casi appena liberatosi dal giogo coloniale, nazionalizzava risorse naturali, privatizzava banche ed industrie, redistribuiva la terra al popolo, cercava di avviare insomma una fase di crescita capitalistica attraverso riforme socialiste. A far sposare le due dottrine di Cameron e Friedman, e a dare quindi il via a quel modello oggi noto con il nome di “neoliberismo”, furono gli allievi di Friedman che diedero vita alla cosiddetta scuola di Chicago; la loro teoria è semplice e terrificante al tempo stesso: per poter imporre (il termine è quanto mai opportuno) un nuovo corso all’economia di uno stato smantellando il preesistente occorre uno “shock” talmente forte da creare una “tabula rasa” nella popolazione. Prima che la popolazione possa riprendersi dallo shock bisogna aver creato un nuovo sistema legislativo finalizzato al cambiamento delle politiche economiche, e soprattutto al mantenimento delle nuove politiche nel tempo. Politiche, ovviamente, in puro stile liberista: privatizzare, licenziare, liberalizzare il mercato.
NOTA NDR – Nel 2001 Monti, che sembra essere un sostenitore di questa folle teoria, ha rilasciato l’intervista nella quale affermava
L’Europa ha bisogno di crisi, anzi, di gravi crisi per fare passi avanti. I passi avanti per l’Europa sono per definizione cessione di parti delle sovranità popolari a un livello comunitario. Solo quando il costo del non farlo è superiore al costo del farle perché c’è una crisi visibile e abbiamo bisogno delle crisi per fare passi avanti.
Ed è qui che la cronaca della storia si fonde con la teoria economica accademica: tutti conoscono personaggi come Augusto Pinochet in Cile, Jorge Videla in Argentina, Suharto in Indonesia, e tanti altri in un lungo elenco particolarmente noto agli attivisti di Amnesty International per le loro nefandezze nel campo dei diritti umani. Quasi nessuno però conosce altri personaggi, come Cristian Larroulet e Sergio De Castro (consiglieri economici di Pinochet), o Martinez de Hoz, ministro dell’economia in Argentina, o altri “uomini ombra” in Brasile, Honduras, Perù, per arrivare negli anni novanta a Sachs, che operò in Polonia nel dopo-Solidarnosc, ed un Russia con Eltsin. Ebbene, tutti questi signori sono noti con il nome di “Chicago Boys”, tutti formatisi alla scuola di Friedman e tutti ferventi sostenitori della “dottrina dello shock”.
La Klein è molto ferma su questo punto: dai desaparecidos in Argentina alle prigioni di Abu Graib in Iraq la tortura, il terrore, non sono fini a se stessi, sono un mezzo (lo shock) per raggiungere un fine (le riforme economiche secondo le dottrine neoliberiste). I veri golpe non furono militari, ma economici. Ciò che fu spazzato via non furono (solo) i diritti civili, ma soprattutto le protezioni/assistenze economico-sociali.
Una drammatica controprova la si ebbe vent’anni dopo con l’aparthaid in sudafrica: l’ANC (afrikan National congress), il partito di Nelson Mandela, arrivò al potere quasi senza spargimento di sangue, vincendo delle elezioni e contrattando con il partito degli Afrikaaners (i bianchi al potere) una successione indolore. Frederick De Klerk, il presidente uscente, riuscì però a contrattare in modo intelligente (e da parte dell’ANC si fecero abbindolare ben bene, come gli stessi attivisti hanno confermato alla Klein che li intervistava), lasciando praticamente ogni libertà civile, politica, sociale, ma tenendo per sé tutto il potere economico creando un sistema di leggi, incluse persino nella nuova costituzione, che vincolavano il nuovo governo sudafricano a politiche neoliberiste (divieto di nazionalizzazione di banche e aziende, divieto di privatizzazione delle terre e delle risorse naturali, etc).
E qui entra in gioco un nuovo personaggio sulla scena politicoeconomica recente: il FMI (Fondo Monetario Internazionale), guidato fin dalla nascita da eccellenti “Chicago Boys”, istituzione creata per favorire la ripresa e lo sviluppo di stati uscenti da gravi crisi economiche, quali appunto quelle che seguono le guerre, onde evitare il ripetersi di fatti incresciosi come la nascita e l’avvento del nazionalsocialismo, e quindi il nazismo, nella Germania degli anni venti/trenta. Ma il FMI ha da sempre adottato politiche liberiste, in Sudamerica prima, in Africa e quindi in Asia, fornendo si aiuti economici ma a fronte della garanzia della restituzione del debito (garanzia data dalla messa in opera da parte dello stato debitore delle teorie liberiste: privatizzazione, licenziamenti, libertà dei capitali). E’ stata la bolla speculativa finanziaria voluta dal FMI a far crollare l’economia asiatica per poter “imporre” la sua dottrina.
E dove non arrivano le dittature, arriva la guerra, come in Iraq: Paul Bremer, governatore americano che doveva guidare la transizione da paese occupato ad un nuovo governo iracheno, aveva un unico mandato: privatizzare, licenziare, liberalizzare il mercato. Ovvero, i dettami della “shock doctrine”.
E dove non arriva la guerra, arrivano i disastri naturali, come a New Orleans dove l’uragano Katrina ha non solo distrutto la città, ma ha permesso di abbattere tutta l’edilizia popolare (e su quei terreni sono tuttora in corso speculazioni edilizie), dove la sanità e la scuola sono state privatizzate invece che ricostruite, dove agenzie come la Blackwater e la Halliburton guadagnano centinaia di milioni l’anno con “appalti per la sicurezza”; o come nel sud dell’Asia con lo tsunami, dove interi villaggi di pescatori sono stati distrutti e dove prima c’erano capanne e porticcioli di pesca oggi sorgono lussuosissimi hotels, villaggi vacanza, porti per l’attracco di costosissimi yacht privati.
Non sono, insomma, singole schegge impazzite; non è opera di un singolo uomo, magari un sanguinario dittatore. E’ tutta farina di un unico sacco, tutto fa parte di un medesimo piano: fare soldi. Pochi uomini al mondo che vedono crescere le loro ricchezze in maniera esponenziale a scapito della stragrande maggioranza della popolazione che fatica ad arrivare a fine mese (quando va bene), o fatica a rimanere semplicemente viva (quando va male). Pochi uomini che vivono in “zone verdi”, iperprotetti da agenzie di sicurezza, mentre fuori, nelle “zone rosse”, ci si continua ad uccidere.
A tutto questo non c’è rimedio? si, c’è. Sono le esperienze argentine già narrate dall’autrice nel suo docufilm “The Take”, dove gli operai licenziati (ed i proprietari fuggiti all’estero con i capitali), hanno occupato le fabbriche e riavviato la produzione unendosi in cooperative; o le lotte in Uruguay contro la privatizzazione dell’acqua, o gli ultimi presidenti eletti in Sud America (come Chavez) che si stanno opponendo al FMI nazionalizzando le risorse dei propri paesi e creando una organizzazione pan-americana per la mutua assistenza economica, o in Spagna come Zapatero che ha ritirato il suo esercito dall’Iraq; o la bocciatura francese della costituzione europea, carta nella quale era (ma in parte purtroppo è ancora) prevista lo smantellamento del welfare state, lo stato assistenziale.
Sono tutte quelle forme di lotta “dal basso”, dove i cittadini si riappropriano della politica e la usano per il “bene comune” piuttosto che al servizio delle multinazionali e della finanziarizzazione spinta.
E’ un libro “socialista”? credo di si. Marxista? anche, probabilmente. Ma è prima di tutto un libro di denuncia, pagine che sembrano urlare al mondo: “aprite gli occhi!”. Perchè, in nome della “sicurezza” e della “libertà”, da oltre trent’anni gli occhi ce li hanno chiusi, e noi siamo stati ben contenti a voler restare ciechi.
L’AUTRICE
Naomi Klein (Montreal, 5 maggio 1970) è una giornalista, scrittrice e attivista canadese.
È nota soprattutto per il suo saggio No Logo; come giornalista, ha ricevuto numerosi premi e ha pubblicato su testate prestigiose come “New York Times”, “Los Angeles Times”, “Washington Post”, “Guardian” e “The Nation”. Ha realizzato inchieste ed interviste collaborando con Cnn, Bbc, Rai.
Vive e lavora a Toronto.Le sue principali opere:
2002 NoLogo (vedi mia recensione http://www.ciao.it/No.Logo.Klein.N..Opinione.910445)
2003 Recinti e finestre, raccolta di articoli
2004 The Take, documentario sull’occupazione delle fabbriche in Argentina (vedi mia recensione http://www.ciao.it/The.Take.Naomi.Klein.Avis.Lewis.2004..Opinione.597483)
Recensione di Snail su ciao.it