Mutilazioni genitali femminili, muore una 13enne: medico accusato di omicidio

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Mutilazioni genitali femminili: medico accusato di omicidio

23 magg – Una pratica ripugnante e disumana come la mutilazione genitale femminile, attuata in molti Paesi alla stregua di un precetto religioso, ha subito per la prima volta un duro colpo da parte della legge: un medico, infatti, sarà processato in Egitto per averla effettuata su una studentessa di 13 anni, morta in seguito all’operazione.

I fatti risalgono al giugno scorso e anche il padre della vittima è imputato come complice.
Il dottor Raslan Fadl ha sempre negato le accuse a suo carico e ha spiegato che la giovane Sohair al-Bata’a è morta per una reazione allergica alla penicillina: “Quale circoncisione? Non c’è stata alcuna circoncisione. È tutto un complotto di questi cani”, ha detto il medico accusando gli attivisti per i diritti umani. Ma la stessa nonna della vittima ha ammesso che c’è stato un intervento di mutilazione genitale, anche se si è detta contraria alla decisione di portare il caso in tribunale: “Era il destino di Sohair Cosa possiamo fare? Lo ha deciso Dio”, ha commentato la donna.

Secondo l’Unicef, il 91%delle egiziane sposate che hanno tra i 15 e i 49 anni è stato sottoposto a un intervento di questo genere, il 72% realizzato per opera di medici, ma i dati dimostrano che fortunatamente il ricorso alla pratica è in calo: nel 2008 era il 63%, nel 1995 era l’82.
Tuttavia, nelle zone rurali, dove è inferiore il livello di istruzione, la popolazione sostiene ancora l’utilità di questa consuetudine, perché si pensa che preservino le donne dall’adulterio frenando il loro piacere sessuale oppure che siano un rito di iniziazione all’età adulta o, ancora, che favoriscano la fertilità: “Noi circoncidiamo tutte le nostre figlie, fa bene alle ragazze”, ha dichiarato al Guardian Naga Shawky, casalinga di 40 anni che vive nello stesso villaggio dove viveva Sohair: “La legge non ci fermerà. Così hanno fatto i nostri nonni e così faremo noi”, ha aggiunto la donna.

Ogni anno sono circa 3 milioni le ragazze sotto i 15 anni che vengono operate e nel mondo le donne mutilate sono 125 milioni: “È una questione culturale e non islamica”, spiega Suad Abu-Dayyeh, rappresentante regionale del gruppo per i diritti umani ‘Equality Now’: “In Sudan e in Egitto la pratica è diffusa, ma nella maggior parte dei Paesi arabi le persone non pensano sia una questione religiosa e infatti c’è una fatwa che vieta le mutilazioni genitali femminili”.

Ecco perché questo processo in Egitto contro il dottor Fadl – appena iniziato e aggiornato al prossimo 19 giugno – è importante e potrà contribuire a cambiare un po’ le cose.

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