17 magg – “Gli immigrati non sono ‘clandestini’. Sono degli eroi. Sono persone che per non tradire le loro convinzioni e per non subire dei soprusi corrono rischi enormi, vengono sottoposte a torture feroci. Quando ascolto le loro storie spesso mi domando se io sarei stato capace di tanto coraggio”.
Così Padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli (l’Agenzia dei gesuiti per i rifugiati) a una platea insolita: 200 giovani uomini e donne che presto andranno a lavorare nei commissariati di ogni parte d’Italia. Sono i partecipanti al 103° e il 104° corso di formazione per commissari di Ps nella Scuola Superiore della Polizia di Stato.
La conferenza – che si è tenuta a Roma – è stata coordinata dal presidente dall’Associazione Carta di Roma, Giovanni Maria Bellu, e vi hanno preso parte, con padre La Manna, l’esperto dell’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) Marco Buemi e Marco Bruno, ricercatore di sociologia dei processi comunicativa a “La Sapienza”.
Nel presentare l’iniziativa, il direttore della scuola di polizia Roberto Sgalla ha sottolineato l’importanza che ha, per chi si accinge a svolgere un lavoro così complesso, l’acquisizione di competenze sui diversi aspetti della realtà sociale. E proprio da questo padre La Manna ha preso spunto per esortare i futuri commissari a essere sempre rispettosi della dignità degli immigrati, specie nelle situazioni difficili, di grande stress, che si troveranno ad affrontare.
Introducendo la discussione, Bellu ha sottolineato come la Carta di Roma, un codice deontologico vincolante per i giornalisti italiani, sia nata dall’incontro sventurato tra un errore investigativo e un errore giornalistico: quando nel 2006, subito dopo la strage di Erba, fu subito individuato come responsabile il marito di una delle vittime, un cittadino tunisino che, come si scoprì in poche ore, al momento del fatto si trovava in Tunisia. Ma nel frattempo il suo nome era stato diffuso da tutti i giornali e da tutte le televisioni.
Le regole della Carta di Roma obbligano i giornalisti a usare termini giuridicamente appropriati (per esempio non definire ‘clandestini’ quanti sbarcano a Lampedusa perché fuggono da guerre e persecuzioni) e a garantire la riservatezza sull’identità dei richiedenti asilo. Ma è chiaro che le regole, benché rafforzate dalla possibilità per chi le viola di essere sottoposto a procedimento disciplinare, non bastano. Perché – come ha sottolineato il sociologo Marco Bruno – nell’informazione sull’immigrazione si evidenziano i problemi generali del giornalismo italiano: dalla sua dipendenza dal linguaggio politico alla tendenza a spettacolarizzare le notizie. tiscali
Certo, ormai anche la chiesa, sta facendo di tutto pere degli italiani onesti, lavoratori, dei dsonesti, ancora non ho sentito un soo prete, cescovo, cardinale, sprecare una parola per gli italiani senza kavoro, per quei pensionati che si suicidono perchè abbandonati dallo stato, quello stato che noi abbiamo sempre difeso anche a costo di enormi sacrfici, in molti per la difesa di questa patria hanno dato la vita, hanno sofferto la fame. questi popoli sono eroi? per cosa, sono 3000 anni che sono in guerra tra di loro e adesso? ci porteranno alle stesse condizioni, forse allora i nostri prelati saranno soddisfatti. A questo punto, io da cattolico credente praticante preferisco diventare ateo.
noi italiani siamo degli eroi a sopportare i “dementi” e tutti gli stranieri che vivono sulle nostre spalle e sono causa del degrado ambientale che ci circonda.