Tremonti: nel 2011 stavano per saltare Germania e Francia, non l’Italia

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14 magg – «Il vero tornante della storia per l’Europa è stata la crisi dell’euro e per l’Italia non è stata certo Cannes, 3 novembre 2011, ma Roma 5 agosto, quando viene recapitata la lettera della Bce. Sembra che ad oggi sia più di moda Cannes. Parliamone allora, comunque se vuole», esordisce Giulio Tremonti, ex ministro dell’Economia e protagonista di primo piano di quelle drammatiche settimane.

La ricostruzione più profonda e specifica è di Zapatero, che dice: durante la cena vi furono momenti di intensità difficili da dimenticare. Mi colpì in particolare che a un certo punto della discussione alcuni leader europei arrivarono a rievocare le offese ricevute nel dopoguerra. Fu solo un momento ma per un attimo sembrava che la drammatica divisione dell’Europa del secolo precedente facesse sentire le sue conseguenze. È un passaggio chiave.

Le ricostruzioni di Tim Geithner rievocano la tesi del vero o presunto complotto.

È un episodio non marginale. Sotto la regia francese di Cannes, la prima partita fu sulla Grecia e in particolare contro il referendum sull’euro ipotizzato dal premier Papandreu. La seconda partita riguardò in effetti l’intervento del Fmi in Italia. La discussione sull’Italia fu avviata in mattinata e chiusa nella notte. La posizione americana fu resa intelligente da una visione esterna all’Europa, ed è così sintetizzabile: abbiamo capito che la questione non è fare un referendum in Grecia ma fare un referendum sull’euro in Germania.

A questo punto, secondo Geithner la risposta del cancelliere fu: non posso superare i limiti imposti dalla Bundesbank. La risposta in realtà fu un’altra: non è colpa mia, non chiedetemi perchè, la nostra Costituzione l’avete scritta voi. Non ha parlato di Bundesbank, ma di Bundestag. Certamente tutto Cannes era organizzato per celebrare il successo di Sarkozy, e per portare a casa lo stop al referendum sull’euro in Grecia e l’ingresso del Fmi in Italia.

Dalle memorie di Zapatero a Geithner. Il quadro di quel che avvenne in quelle drammatiche settimane si va chiarendo.

Ricordo una mia lezione a Oxford. Al termine, una conversazione a tavola con un grande storico, tra l’altro anche storico dell’Italia. Gli dissi: mi si è aperto uno scenario quando ho letto Braudel a proposito della storia fatta sulle tendenze e sui numeri, sul respiro profondo della realtà. Mi disse: è stato così anche per me, ma ero troppo vecchio per cambiare stile. La storia di quei giorni e più in generale dell’euro merita una ricostruzione non antropomorfa, è una partita molto più profonda.

La crisi l’ho sempre rappresentata come una sequenza di mostri in un videogame. Il primo mostro è l’impatto dei subprime americani in Europa, nel 2008-2009, oggetto di investimento da parte delle banche della core europe. Perchè una banca investe in titoli tossici? Perchè ha bisogno di alti rendimenti. Non essendo solida, sconta un alto rischio con alti rendimenti. A oggi il bilancio dei titoli tossici in Europa è primo mostro che cuba 800miliari di interventi fatti con i bilanci pubblici, così che è evidente che i bilanci pubblici non sono stati la malattia ma la medicina.

Il secondo mostro è il contagio che arriva in Europa?
Dopo l’invenzione dell’euro, dal 2002 i biglietti alati volano per sciami nel sud e nel sud ovest, in un’atmosfera di euforia, senza alcuno controllo da parte della Bce. Questo enorme flusso di capitale a prestito impiegato ad alto rischio finanzia una fase storica, le Olimpiadi in Grecia, le piscine e le mercedes, cementificando le coste della Spagna al servizio di un progetto di seconda vita dei popoli del nord. Il Portogallo è come la Grecia, l’Irlanda diventa una portaerei per banche off shore.

Quando esplode la crisi sovrana, ecco apparire il secondo mostro: se fallisce il debitore, fallisce anche il creditore, e le perdite non si fermano sui confini nazionali. Una perdita di centinaia di miliardi concentrati nei bilanci della core Europe. Questo è il punto di fusione. Si materializza il rischio di fusione dell’euro. A questo punto due linee politiche si confrontano: la prima trova sintesi nell’articolo di Juncker e Tremonti sul Financial Times: eurobonds, non si può fare più deficit che Pil, semestre europeo, solidarietà, fondo salva stati.

L’altra linea, che è quella del panico e del terrore dei tedeschi e dei francesi, che temono il loro crollo e premono per la trasformazione del fondo salva stati in fondo salva banche. A questo punto non aveva più senso per l’Italia contribuire al fondo in base al Pil, ma in base all’effettiva esposizione al rischio finanziario che non era sopra il 5%. Su questo avviene la rottura, questa è la causa della lettera della Bce

La crisi italiana e la crisi dell’euro. È un po’ come l’uovo e la gallina?
La realtà è che stavano saltando la Germania e la Francia. La vera prova del panico e del rischio di fusione dell’euro è che nel 2012 il sistema viene inondato di liquidità. Se il problema fosse stato solo l’Italia, non vi sarebbe stato bisogno di tale massiccia iniezione di liquidità. Il primo mostro è stato affrontato con i bilanci pubblici, il secondo stampando moneta. Che l’euro fosse sul punto di fusione già dal 2010 è assolutamente vero e per vizi simmetrici di Francia e Germania, da un lato, Grecia e Spagna dall’altro.

Francia e Germania sono riuscite a cancellare i loro vizi camuffandoli in virtù. Poi c’è stato un colossale transfert di responsabilità, per cui le colpe sono solo del sud e sud ovest e le virtù sono altrove. Certo la politica monetaria è stata efficace. La vera domanda è se sia sufficiente. Sono rimosse le cause, o per esempio senza una vera politica europea l’unione bancaria non è un altro modo per disciplinare il «bail in», in attesa del prossimo crollo?

Dino Pesole per “Il Sole 24 Ore”