12 Mag – La partita che si gioca intorno alla costruzione di una moschea a Milano si delinea come una delle più complesse che Palazzo Marino è chiamata a sostenere. La nascita di una moschea è un’esigenza sempre più impellente da parte della nutrita comunità islamica milanese. E l’affluenza di centinaia di migliaia di stranieri di fede islamica prevista con Expo 2015 potrebbe costituire un volano per la realizzazione di un centro di preghiera riconosciuto dal comune meneghino.
Finora, a presentare un progetto concreto a Palazzo Marino è stato solo il Caim – il Coordinamento delle Associazioni Islamiche Milanesi – promotore della campagna “Moschea a Milano? Sì prego”: il complesso ha una cupola, un minareto, spazi di preghiera e spazi pubblici, come una biblioteca e un hammam, oltre ad un auditorium, un ristorante e quattro aule per complessivi 120 posti.
“Attualmente ci sono circa 15 luoghi di culto sparsi e decentrati sul territorio, nessuno di loro è ufficialmente riconosciuto – spiega Davide Piccardo, coordinatore del Caim -. L’ambizione è quella di arrivare in tempo per Expo ad avere in città una moschea ufficiale, riconosciuta e riconoscibile. Ovviamente una moschea sola non riuscirà a dare risposta alle esigenze di tutta la città ma sarà un primo passo sulla strada della pluralità e dell’apertura di una città come Milano”.
Dopo un anno di dialogo con l’amministrazione comunale, chiarito che le casse di Palazzo Marino non contribuiranno in nessun modo alla costruzione della moschea e non ancora individuata un’area pubblica adatta (ndr. il Caim parla di Lampugnano ma il Comune non conferma), quello che si chiede alle comunità islamiche è di presentare un progetto unitario. Pur rappresentando l’80% delle comunità islamiche cittadine, il Caim non è infatti l’unica realtà a cui guardano i circa 100mila musulmani che vivono a Milano.
“Abbiamo sviluppato un percorso di confronto con le diverse realtà dell’arcipelago islamico milanese – spiega l’assessore alle Politiche Sociali, Pierfrancesco Majorino – e siamo pronti a ragionare sulla base di un progetto realmente unitario. Se non vi fosse la capacità di arrivare ad una sintesi positiva ed unitaria, a quel punto ragioneremo su come far fronte a differenti progetti e diventerebbe oggettivamente molto complicato mettere in gioco un’area pubblica. Più probabilmente daremo vita ad un’azione di messa in relazione con i proprietari di aree private che si sono già detti disponibili a concedere i propri spazi per dar vita a centri di preghiera islamici”.
L’appuntamento è rimandato al 29 maggio per tradurre il confronto in una progettualità comune. “Ci siamo dati questo tempo – spiega ancora Majorino – anche per sondare riservatamente rappresentanti di istituzioni internazionali e di altri governi per capire se vi è una volontà, da parte di paesi in cui vi è una forte presenza islamica, di sostenere progetti qui realizzati e per il mese di giugno – conclude l’assessore – vogliamo tirare una linea definitiva”. tiscali
Gli italiani invece sentono un impellente dovere a tutela della nostra identità cristiana!!!
Assessore, ci aiuti a capire meglio. Il suo modo di procedere è il seguente: è sufficiente che un’associazione a delinquere si proclami religiosa per ottenere i permessi necessari per organizzarsi sul territorio. Lei deve pretendere il rispetto delle leggi italiane. L’islam NON RISPETTA LE LEGGI ITALIANE. E Lei sta abusando del suo potere, perchè NON ESISTE LEGGE ITALIANA che la autorizza a sostituirsi allo Stato nel rapporto con la pseudo”confessione religiosa” islamica.