4 magg – Signor Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sono pienamente consapevole che la Sua autorevole e perentoria censura rappresenta per la mia persona un marchio di infamia e un fardello di vergogna e sofferenza dai quali non riuscirò mai ad affrancarmi. La prego però di concedermi la possibilità di chiarire. Nell’ipotesi in cui gli eventi si fossero sviluppati come descritti ci inchineremmo al Suo sdegno.
L’applauso dell’assemblea dei congressisti SAP non è in alcun modo riconducibile alla tragica morte del giovane Federico Aldrovandi e al dolore della famiglia verso la quale nutriamo sinceri sentimenti di deferente rispetto. Il gesto citato è avvenuto nel tardo pomeriggio di martedì 29 u.s. nel corso della sessione privata dell’VIII Congresso Nazionale Sap dopo la presentazione del progetto di realizzazione della campagna “verità e giustizia”.
La ricerca della verità impone l’utilizzo di strumenti materiali e giuridici innovativi:
1) la presenza di magistrati a fianco degli operatori di polizia impiegati in servizi di ordine pubblico;
2) l’adozione di videocamere in grado di riprendere gli eventi durante le manifestazioni che quasi sempre sfociano in devastazioni;
3) un’idonea campagna mediatica in grado di far fronte ai continui, persistenti e devastanti attacchi alle forze dell’ordine mediante il mezzo della denigrazione e della delegittimazione morale e giuridica.
Il Congresso ha condannato qualsiasi forma di violenza, tanto più quella sistematica volta al saccheggio operata da persone mascherate, con armi e bastoni. La situazione in continua degenerazione richiede l’intervento delle più alte cariche dello Stato a salvaguardia delle Forze di Polizia e della nostra democrazia. Invece non accade nulla al punto che negli Stadi, per esempio, contrariamente a quanto accade in altri Paesi civili, si tollera una zona franca di teppismo e di violenza sistematica nella quale le forze di Polizia sono le vittime.
In qualità di candidato Segretario Generale, ho illustrato le modalità di attuazione del progetto che si sostanziano in alcuni progetti di legge, nella dotazione di videocamere usate per documentare la verità e nella costituzione di un sito pubblico in cui poter mettere a confronto le menzogne a danno dei poliziotti e la documentazione che ne certifica la falsità.
Al termine di questa presentazione si è sviluppato spontaneamente «l’applauso incriminato», al quale mi sono associato e con cui i delegati esprimevano compiacimento vista la concretezza della proposta. Un applauso partecipato che però è durato assai meno di cinque minuti. Sempre durante la sessione privata del congresso l’attenzione si è concentrata sugli ultimi disordini di Roma, su quelli dell’anno scorso a Bologna, sull’«ombrellata incriminata» al Sindaco di Terni, sulla vicenda dei Nocs e del Generale Dozier e sul caso Aldovrandi. Ai colleghi coinvolti in quest’ultima vicenda, presenti al Congresso e visibilmente commossi dal clima marcatamente emozionale che la disamina del nostro progetto e delle nostre idee ha generato, è andata una parte degli applausi, non certamente perché sono eroi, come qualcuno strumentalmente ha tentato di sostenere, ma perché sono poliziotti che, in servizio, hanno patito e patiscono infinite tribolazioni dopo una sentenza per reato colposo sulla quale nutriamo, legittimamente, alcune riserve.
Signor Presidente, la campagna sopra descritta non trova origine da un’esigenza corporativa, è una necessità del Paese. Con la Prima Repubblica sono crollati alcuni fondamentali pilastri della società civile, tra i quali quello della VERITÀ. La verità è strumento indispensabile per la giustizia processuale, sociale ed economica.
Per contro, ed in tale contesto, la MENZOGNA è diventata una delle principali armi per il conflitto politico, economico e sociale. Valanghe di menzogne e veleno inquinano gli ambienti istituzionali, i Palazzi e alcuni media allargando la distanza tra Istituzioni e Comunità nazionale. Ecco perché vogliamo VERITÀ.
Alcuni hanno scritto contro di noi falsando i tempi dell’applauso, altri sostenendo mendacemente che i lavori congressuali sono stati chiusi con un giorno in anticipo a causa del clamore cagionato, tanti hanno pubblicato fotografie dell’applauso «taroccate» e non pochi hanno sostenuto in mala fede che il Congresso SAP era interamente pubblico quando, invece, tutti risultavano in possesso del pieghevole di invito, alla stregua della S.V., ove erano ben illustrati calendario, tempi e modalità.
La menzogna che più ci ha feriti è quella della televisione di Stato che, al fine di danneggiare servitori dello Stato, con coscienza e volontà, ha mandato in onda falsi filmati: il ben noto applauso trasmesso era stato filmato durante il Convegno pubblico mattutino alla presenza del Capo della Polizia e di numerose autorità istituzionali e politiche come provano i filmati che le alleghiamo.
Cosa dire poi del tentativo di trasformare l’Organizzazione che rappresento in un soggetto con la vocazione di «coprire» e giustificare violenze e soprusi quando da mesi proponiamo di essere affiancati da magistrati, in grado di sanzionare duramente eventuali nostri comportamenti fuori dalle regole e di essere dotati di videocamere in grado di documentare ogni nostro respiro?
E ancora, cosa dovremmo dire di chi, con sfacciata disonestà intellettuale, tenta di accreditare la tesi che la nostra richiesta di VERITÀ sia inconciliabile con il rispetto del DOLORE?
Con deferenza, mi permetto di segnalarLe che intendo servire il mio Paese, nella piena legalità e secondo i miei liberi convincimenti e se per esercitare tale libertà, costituzionalmente garantita, verrò chiamato a pagare il pesante tributo dell’infamia istituzionale, con amarezza, sono pronto a tale sacrificio. Mi sia solamente consentito un ultimo accenno alle bizzarrie del nostro amato Paese.
Un applauso, frutto delle migliori intenzioni di alcuni poliziotti, viene sanzionato con una «raffica distruttrice di bordate infamanti» mentre, per contro portiamo in parlamento i terroristi condannati per aver cagionato la morte di poliziotti, riabilitiamo mafiosi e delinquenti oltre a dilettarci nel giustificare ogni devianza che ci «capita a tiro». Comunque sia, se ho offeso i valori fondanti della nostra Comunità faccio pubblicamente ammenda e pongo le mie scuse nelle mani del Capo dello Stato. A Lei valutare se il nostro comportamento, a seguito della presente, risulta ancora indegno e inaccettabile o meritevole di riabilitazione. I poliziotti del SAP sono brava gente e, mi creda, lo sono anche io.
Con doveroso ossequio.
(Ampio estratto della lettera inviata al presidente della Repubblica)
Gianni Tonelli, Segretario generale Sindacato Autonomo di Polizia (SAP)