2 magg – Il quotidiano Libero oggi racconta una vicenda surreale legata a fisco e tasse. L’Agenzia delle Entrate nel dicembre 2013 ha inviato un avviso di accertamento a due bambini di 12 e 5 anni e alla loro mamma.
Il motivo è che i tre sono gli eredi di un imprenditore, presunto evasore, deceduto nel 2010. I fatti contestati risalgono a dieci anni fa, al 2004, ma i tempi italiani, si sa, sono biblici.
L’imprenditore era accusato di «abuso di diritto», ossia di non aver pagato un milione di tasse attraverso operazioni considerate sulla carta lecite, ma in realtà, per l’accusa, eseguite esclusivamente per pagare meno imposte, senza un vero fine economico.
Scrive Libero:
Per questo a inizio aprile la vedova e la figlia più piccola, assistiti dal commercialista milanese Paolo Troiano, si sono presentati negli uffici dell’Agenzia delle entrate. Ma la bambina era così piccina che per mostrarla al vigilante dietro al bancone della reception, è stato necessario sollevarla da terra. I tre sono saliti nell’ufficio del funzionario di turno per il confronto. Alla fine viene stilato il «verbale di contradditorio del contribuente», in cui sono indicati nome e data di nascita dei convenuti. Il funzionario (difficile immaginarlo serio) annota che la «contribuente» più piccola («sig.ra» è l’appellativo di rito) è nata nel febbraio del 2009, mentre il fratello, rappresentato dal commercialista, è del settembre 2002.
Il commercialista spiega che “il contesto giuridico fiscale italiano è talmente incerto e inaffidabile che anche i minorenni sono costretti al contraddittorio per fatti avvenuti quando non erano ancora nati. I clienti pensano che noi commercialisti siamo matti e che esageriamo la realtà. Per questo sono solito portarli con me, perché inizino a capire che cosa sta succedendo nel nostro Paese. Anche la bambina si è presentata con la sua carta di identità, è stata schedata all’ingresso ed è finita nel verbale”.
E’ giusto andare a caccia di soldi anche dopo la morte del presunto evasore? Se lo chiede ancora Libero.
Paolo Troiano dice: “Sfido chiunque a ritrovare le carte di dieci anni prima, soprattutto se riguardano un imprenditore e un’azienda che non ci sono più. Ormai l’Agenzia delle entrate, con semplici pretesti, può perseguitare i contribuenti quasi all’infinito, grazie a una disposizione di legge che le consente di raddoppiare i termini dell’accertamento in presenza di violazioni “potenzialmente” rilevanti a livello penale. E questa norma viene utilizzata anche se il soggetto che avrebbe commesso il reato è morto da quattro anni”.
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